I precedenti convegni si sono concentrati sulla medicina antica e sull’arte militare. Le autorità accademiche presenti, il professor Domenico Lassandro, direttore del Centro interdipartimentale, il professor Stefano Bronzini, in qualità di sostituto del Rettore e la preside della facoltà di Lettere, Grazia Distaso, hanno sottolineato l’importanza della lettura dei classici in epoca moderna, citando la prefazione di Gian Biagio Conte, insigne latinista e curatore dell’edizione di Plinio per i tipi di Einaudi, che presenta l’opera pliniana come un servizio offerto all’umanità.

Plinio pubblicò i primi dieci libri nel 77 d.C.  e si preoccupò di rivedere e ampliare il resto durante i restanti due anni della sua vita. Il suo lavoro fu probabilmente pubblicato con scarsa o nessuna revisione da parte del nipote, Plinio il Giovane, che descrive la Naturalis Historia  come una Naturae Historia: essa rappresenta, infatti, un lavoro erudito, ricco di materiale e tanto variegato come la stessa natura. Nella prefazione l’autore afferma di avere raccolto ventimila fatti estratti da circa duemila libri e da cento autori selezionati. Le liste delle sue fonti giungono a molto più di quattrocento, includendo centoquarantasei fonti romane, e trecentoventisette greche. Tra le fonti romane più rilevanti vanno certamente ricordate le opera di Varrone, Lucrezio e Seneca. L’opera, in 37 libri, indaga  ogni campo della natura: geografia, zoologia, botanica, mineralogia, metallurgia, medicina.

Il principale merito della sua raccolta è quello di raccogliere in modo unitario e omogeneo le informazioni più disparate e le fonti più diverse al fine di creare un utile e funzionale trattato enciclopedico.  È l’unico trattato che ci informa sull’arte antica, basato su testi per noi irrimediabilmente perduti, Senocrate, Duride e Antigono.

Apre i lavori l’intervento di Paolo Mastandrea, ordinario presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e curatore dell’archivio digitale di poesia latina dalle origini al rinascimento italiano, Musisque Deoque. Gli interventi spazieranno dall’analisi contenutistica e stilistica dell’opera pliniana alla ricezione della Naturalis Historia in età medievale e rinascimentale, con particolare attestazione all’incidenza che essa, pur essendo un’opera pagana,  ha avuto nell’opera di filosofi cristiani e dottori della Chiesa, come Beda il Venerabile e Tommaso D’aquino. Non mancano gli interventi volti a sottolineare l’importanza dell’opera pliniana in ambito retorico e trattatistico – si pensi alla scuola umanistica di Lucio Giovanni Scoppa. Chiuderà i lavori un contributo che analizzerà la ricezione di Plinio in età moderna e in particolare nell’opera di Italo Calvino, che all’enciclopedia  di Plinio ha dedicato una saggio dal significativo titolo “Il cielo, l’uomo, l’elefante” in “Perché leggere i classici”, in cui Calvino eredita e si fa portavoce delle riflessioni pliniane sull’uomo di cui, pur nella costante esaltazione, viene ribadita l’intrinseca fragilità.

Tra le tante definizioni di ‘classico’ che Calvino elabora, non sarà fuori luogo ricordarne una “I classici sono libri che esercitano un’influenza particolare sia quando si impongono come indimenticabili sia quando si nascondono nelle pieghe della memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale”.

Brigida Ranieri

Bari, 10 maggio 2012