È il 1998. Annamaria ha 34 anni, è una ragazza barese intraprendente, un vulcano di idee sul lavoro e nella vita privata, sempre pronta a far vibrare d’energie positive le strade che intraprende e percorre a grandi falcate. Annamaria è sposata, ha affianco a sé un uomo che la rende serena, con cui porta avanti un’attività commerciale. Quello stesso anno questa giovane donna inizia ad avvertire i primi dolori muscolari, i primi disturbi della sensibilità e nella coordinazione dei movimenti, l’intorpidimento, i formicolii. Le viene diagnosticata la sclerosi multipla a placche e il mondo le crolla addosso.

Nel 2000 resta fisicamente bloccata e inchiodata a una sedia a rotelle per 8 mesi. I dolori vanno e vengono, tra alti e bassi, e cresce la sua rabbia, il suo attaccamento alla vita, la sua voglia di rialzarsi più forte di prima. Annamaria non accetta la malattia, non si lascia divorare dalla disabilità, lavora su di sé, sulla sua psiche, intraprendendo percorsi olistici di ogni genere. Annamaria lotta come un’amazzone, non si ferma mai a pensare nemmeno per un singolo secondo di lasciarsi andare. Torna a camminare, diventa il braccio destro di suo marito sul lavoro e riprende a girare il mondo. Il suo compagno l’assiste e insieme decidono di costruire una villa a Noicattaro che le permetta di muoversi con la carrozzina e il girello, di avere i suoi spazi, di poter nuotare in piscina e fare fisioterapia.

È il 2023. Annamaria ha 58 anni, il suo matrimonio è finito da quasi 9 anni e il suo ex marito, che ha una nuova compagna, vuole che lasci la casa, quella stessa villa creata su misura per lei. Per oggi, 4 luglio, era stato disposto uno sfratto esecutivo imminente, che avrebbe costretto la donna, attualmente in un letto, con piaghe e la capacità di muovere solo la mano sinistra, a uscire definitivamente, non si sa in che modo, dalla sua abitazione. Si tratta di un provvedimento per ora sospeso dal giudice Valentina D’Aprile, tra la gioia di Annamaria, dei suoi amici, familiari, avvocati e dei rappresentanti delle associazioni baresi che hanno seguito da vicino la sua odissea. Tantissime le mobilitazioni, gli incontri e i gruppi social per difendere i diritti di Annamaria, tutte iniziative mirate a puntare i riflettori sul caso. Per il 18 luglio, alle ore 9:30, il magistrato ha disposto l’udienza “al fine di verificare l’esistenza degli specifici impedimenti materiali all’immediata esecuzione forzata per il rilascio dell’immobile”.

“Ho pianto, gridato, ho avuto esplosioni di felicità quando ho saputo della sospensione dello sfratto – racconta Annamaria -. Voglio ringraziare tutti per quello che stanno facendo per me, ma questo impegno deve continuare, perché non sappiamo quanto durerà la sospensione. Io voglio una casa. Mi devono dare il tempo di realizzare questo sogno. Se il mio ex marito vuole questa villa può prendersela, ma mi deve dare la possibilità di cercare, prima di trasferirmi altrove, di trovare un appartamento e rispettare i tempi della mia disabilità”.

Le lacrime di sofferenza di Annamaria si trasformano nel giro di poche ore in gocce di speranza, si riempiono di ottimismo nei confronti di un sistema giudiziario che dopo tanti appelli sembra voglia concederle più tempo per trovare una nuova casa che rispetti i suoi bisogni e le sue esigenze, senza toglierle dignità. Annamaria ci spiega quanto sia difficile per una persona affetta da disabilità prendere in fitto un appartamento nel Sud Italia, in Puglia. “Subisco discriminazioni allucinanti – dice con franchezza -. Vorrei vivere a Vienna o a Londra, in qualsiasi altra parte del mondo che ho visitato, perché qui siamo messi malissimo in merito a cura e inclusività. Sono giorni che vado a vedere case in vendita, perché a me le case in affitto sembra non voglia darle nessuno. Ho trovato delle abitazioni, ma dopo poco i proprietari se ne inventano di tutti i colori pur di non fittarmele. Ma se il mio ex marito avesse mantenuto le promesse fatte al momento della separazione tutto questo non sarebbe mai successo”.

Il ricordo dell’ingiustizia che le è stata mossa da quello che era il suo consorte è galoppante, si fa spazio in ogni suo discorso, è una sofferenza che sta sempre lì, dietro l’angolo. “Dopo vent’anni di vita insieme e più di 8 anni di separazione non è facile spiegare questa storia. Da sposata venivo trattata come una principessa e anche quando ci siamo separati lui mi ha sempre detto di non preoccuparmi, promettendomi che nel caso avesse voluto venire a vivere qui con la nuova partner mi avrebbe comprato un’altra casa idonea per la mia condizione. Ci ho creduto e ho pensato che l’uomo che ho amato fosse di parola, e invece no, lui è cambiato, è ormai un’altra persona. Penso che la mia malattia abbia inciso, che lui abbia vissuto male il suo ruolo di tutore, era stanco di farmi da badante. Ma ora è assurdo, sembrerebbe che io gli abbia fatto un torto inverosimile, tanto da volermi togliere la casa. Quando ho saputo che aveva un’altra donna ho pensato fosse giusto lasciarlo andare, che si potesse rifare una vita con lei. Ma non mi sarei mai aspettata che dopo il divorzio avrebbe iniziato a spolparmi, a versarmi sempre meno alimenti fino a cacciarmi da questa casa perché vuole venirci a vivere con lei per un puro capriccio”.

“A prescindere da tutta questa storia e dal male che mi ha fatto, se lui non mi dà i soldi per comprare un’altra casa come faccio ad andare via da qui? – ribadisce Annamaria – Ho dovuto mettere in vendita la casa di mia madre, mandando via la persona a cui l’avevo data in affitto, con due figli e separata. Sto mettendo una famiglia per strada per colpa sua e mi sento malissimo. Ora abbiamo trovato un’acquirente che vorrebbe comprare l’immobile, ma ha bisogno di fare un mutuo e quindi devo aspettare”.

Vuole la villa perché vuole farsi il bagnetto nella piscina?! Deve aspettare ancora qualche mese, darmi il tempo di trovare un’altra casa. Sono così disgustata da questa storia, dalle sue menzogne. Non mi piace vivere qua perché la villa è bella, grande e ha la piscina. Io passo le mie giornate nel letto con i dolori, quella piscina doveva servire per farmi stare meglio. Quando andavo in acqua camminavo e lui lo sa, è anche per questo che l’avevamo costruita. Ci sono degli amici che vogliono ospitarmi per 15-20 giorni, ma per acquistare una nuova casa ho bisogno di qualche mese, non posso prevedere quanto tempo mi ci vorrà”.

“Ma io sono forte, capace, temeraria, anche se sono bloccata come un sacco in questo letto e riesco a muovere solo la mano sinistra per sfiorarmi il viso – continua Annamaria -. Sto andando avanti con i soldi che ho guadagnato nella mia vita e non con quelli che mi versa il mio ex. Pago mille euro al mese per l’assistenza che mi viene data; ho dovuto vendere tutto l’oro di mia madre, il mio, le mie giacche, i miei vestiti per sopravvivere. Ora non ho più nulla, sono distrutta dalla malattia e anche da questa situazione, ma ho la vita, la amo e ho voglia di viverla fino in fondo. Voglio ringraziare tutte quelle persone che si sono messe a disposizione per me. La gente ha ancora un cuore, l’umanità esiste”.