“Sono andato in tilt questa notte è vero, ma contro di me c’è un vero accanimento da più di 8 anni. Non mi toglierò la vita perché è un regalo di Dio, va vissuta, chi si suicida è solo un vigliacco, ma voglio che la mia storia venga a galla. La verità deve emergere a qualunque costo”.

A parlare è Salvatore Scardigno, ex Carabiniere di 52 anni, che si è barricato dalle 5 di questa mattina nella sua abitazione, all’angolo tra via Raffaele Cormio e via Samarelli, dopo che nella notte i Carabinieri hanno cercato di rimuovere dalla strada la sua macchina, appena comprata, trovata senza assicurazione. L’uomo, dopo aver parlato al telefono con il sindaco Minervini, si sarebbe deciso a porre fine alla sua barricata.

“Ho perso la testa – racconta -. Ho lanciato qualsiasi cosa dal balcone”. L’uomo, secondo quanto appreso, avrebbe anche sparato con una pistola scacciacani e avrebbe lanciato anche un secchio di vernice sulla macchina dei militari intervenuti.

Appresa la notizia, dopo aver letto anche i post pubblicati sul suo profilo Facebook e i commenti nei gruppi di Molfetta, ci siamo messi in contatto con lui, intervistandolo al telefono e ascoltando la sua versione dei fatti.

“È una storia lunga, che parte dal giugno del 2013 – racconta -. Ero il sottoufficiale con più arresti e sequestri eccellenti di Messina, ero elogiato da tutti. Ho comprato una macchina da 32mila euro a rate per mia moglie, un giorno qualcuno l’ha seguita e per vendicarsi di me ha dato fuoco alla vettura, parcheggiata vicino alla scuola dove lei lavorava. C’erano delle telecamere che hanno ripreso tutto e anche un testimone che non è stato mai ascoltato, ma le indagini, dopo le mie denunce, sono state archiviate, mentre io ho continuato a pagare 500 euro al mese per le rate della macchina. Da quelle parti funziona così, hanno avuto paura ad andare avanti nelle indagini dopo quel gesto e mi hanno così trasferito per la prima volta per motivi di sicurezza”.

“I Carabinieri dovrebbero dare l’esempio, dovrebbero far rispettare la legge e la giustizia, invece mi hanno abbandonato e mi hanno lasciato solo. Ho fatto 12 denunce, non mi sono arresto e mi sono messo contro il sistema”. Non si tratta del primo gesto eclatante dell’uomo. Nel 2019 l’ex Carabiniere, salito sul Duomo di Messina, si è incatenato e si è cosparso di benzina in segno di protesta.

“Ero stanco di subire questi abusi di potere, hanno fatto uscire tutti, anche se ero calmo e la mia era una manifestazione pacifica – continua raccontando la sua versione dei fatti -. Mi hanno massacrato in 10, non respiravo, mi hanno arrestato per oltraggio, resistenza, minaccia e violenza. Il mio avvocato ha anche un video che è agli atti, c’erano anche telecamere che hanno ripreso tutto. Chiedevo giustizia e verità, il giudice ha confermato invece l’arresto. In cella ci sono stato un giorno, lì c’erano tutti quelli che avevo arrestato negli ultimi anni, due pregiudicati si sono anche avvicinati alla mia cella e mi hanno minacciato di morte”.

“Ne sono successi altri di fatti, mi hanno accusato di aver ricevuto un cane in cambio di un verbale e mi hanno arrestato per concussione. Dalla vergogna mi sono tagliato le vene del braccio e porterò a vita questi segni sul mio corpo – spiega -. Sono arrivato a Molfetta e mi hanno dato l’obbligo di dimora dalle 21 alle 7, ad ottobre mi hanno cacciato definitivamente dall’Arma, non dandomi più un euro e nemmeno mi hanno riconosciuto la buonuscita. Sono andato in Cattedrale, mi sono cosparso di benzina e il Sindaco Minervini, una grandissima persona, mi ha aiuto a inserirmi nella comunità trovandomi un lavoro in una struttura sociale. Sono seguito anche da un dottore, sono sempre stato tranquillo, avevo l’obbligo di firmare tre volti al giorno, per me è stato come ripartire”.

“Ho messo così 400 euro da parte, ho deciso di comprarmi una macchina nuova da un molfettese – conclude -. Ieri stesso mi sono recato in agenzia per l’assicurazione, mia madre mi avrebbe aiutato a pagarla, ma questa notte i Carabinieri sono venuti a controllare la mia macchina. È vergognoso, ci sono persone agli arresti domiciliari e vengono a controllare me, continuano ancora ad oggi questo accanimento che va avanti da 8 anni. Io vivo solo una vita, mi hanno fatto già tanto male, sono lontano dalla mia famiglia. Perché non esce la verità? Perché devo pagare io? Il Carabiniere che ha confessato e ha accusato i suoi colleghi che hanno pestato Stefano Cucchi è riuscito dopo anni a far emergere la verità, lui ci è riuscito io no. Non voglio andare in carcere, ho pagato già tanto. Voglio solo che emerga la verità”.

Dopo averci fornito la sua versione dei fatti, Salvatore ci ha richiamato annunciando di aver parlato al telefono con il sindaco Minervini. “Mi ha detto di stare tranquillo e di scendere con le mie cose. Mi ha convinto a stare calmo, sono disposto a fare di tutto, a patto che non abbia nulla a che fare con i Carabinieri. Vi ringrazio davvero di tutto, se eventualmente non ci sentiamo più grazie”.

Siamo a disposizione dell’Arma qualora volesse fornire la sua versione in merito a quanto denunciato da Salvatore Scardigno.