Dopo 15 anni Nicola Soranno sarà risarcito dall’Arma dei Carabinieri con 120mila euro più interessi. La decisione è stata presa dal Tar di Bari. Nel 2005 al militare, quando era allievo carabiniere, esplose in faccia un bossolo accidentale causandogli la rottura del setto nasale e una ipoacusia.

Nel 2006 il ministero della Difesa gli aveva rimborsato soltanto 1.000 euro, più o meno il ticket pagato per i due interventi chirurgici subiti. Ma a quasi 15 anni dall’incidente il militare barese 35enne, adesso in servizio nella stazione Cc di Santeramo, sarà risarcito.

I giudici amministrativi hanno infatti accolto il ricorso degli avvocati del militare, Antonio La Scala e Daniela Marzano di Bari, intervenuti dopo che il ministero non aveva dato corso al risarcimento forse ritenendo sufficiente il rimborso (peraltro parziale) delle spese mediche.

Per il Tar di Bari, invece, l’Arma dei carabinieri deve rispondere dell’incidente esattamente come un qualunque altro datore di lavoro: dalle perizie tecniche è infatti emersa la piena conoscenza delle cause dell’incidente, dovute all’utilizzo durante l’esercitazione di munizioni a corta gittata.

“Si evidenziano le possibili criticità di funzionamento della mitragliatrice MG 42-59 nelle condizioni di impiego poste dall’esercitazione – scrive il Tar riportando le conclusioni dell’inchiesta tecnica dei Carabinieri -. Nel poligono militare piemontese della Baraggia vengono infatti usate munizioni a gittata corta dotate di una falsa ogiva in plastica che spesso determina impuntature nell’alimentazione, e sotto l’impulso delle parti in movimento si distacca, costituendo ostruzione temporanea degli spazi di caricamento e determinando conseguenti inceppamenti”.

Il ministro della Difesa scrisse che l’incidente è dovuto a una “causa tecnica non infrequente”, ma proprio per questo motivo, secondo il Tar di Bari, è evidente la colpa esclusiva del datore di lavoro, perché il carabiniere ha rispettato le norme in materia di addestramento al tiro rischiando conseguenze ben più gravi.

“Questa sentenza – ha sottolineato l’avvocato La Scala – rappresenta una svolta per il riconoscimento delle malattie professionali, da sempre liquidate con equo indennizzo di modico valore. I giudici amministrativi hanno invece riconosciuto il risarcimento del danno biologico in quanto danno alla salute, da cumulare con l’equo indennizzo relativo alle spese sostenute: non a caso la sentenza ha disposto che dal risarcimento venga sottratto quel minimo già percepito, confermando quindi che le due voci di danno sono cumulabili”.