«Due donne, autista-soccorritore e soccorritore, due uomini, un infermiere e il sottoscritto, da stamane ognuno di noi ha deciso di isolarsi trovando una sistemazione di ripiego lontano dalle rispettive famiglie». Firmato, Francesco Papappicco, medico del 118. Motivo dell’isolamento, un possibile caso di coronavirus soccorso durante l’ultimo turno ieri notte.

«Attorno alle 2 – scrive il medico – ci viene assegnato un codice giallo per “riferito senso di costrizione alla gola” in 47enne paziente psichiatrico con recente ricovero in un Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura. Non indicazioni per sospetto COVID19. Non bardati integralmente, in una stanza in pessime condizioni igienico-abitative, troviamo un uomo dall’aspetto francamente emaciato, in stato semicomatoso con fatica respiratoria importante e tosse». Seguono una serie di dettagli clinici.

Parlando con un parente, viene fuori che negli ultimi giorni il paziente ha avuto febbre, inappetenza sempre più marcata fino all’impossibilità di alimentarlo, nonché «un altro recente intervento del 118 per uno stato di agitazione psichica che ha richiesto trasporto presso il PS dell’ospedale dove recentemente era stato ricoverato. Appuriamo che ciò accadeva l’8 marzo, giorni in cui è scoppiato un contagio importante di personale ospedaliero e il decesso di un anziano positivo per COVID proprio in quel PS tanto da imporne la chiusura dal 13 al 16 marzo per sanificazione degli ambienti».

A quel punto, racconta Papappicco, alla Centrale Operativa del 118 chiede e ottiene il trasferimento del paziente in codice rosso nel vicino ospedale covid: «Dopo qualche minuto contrordine: una collega di centrale operativa dispone perentoriamente per un ospedale più lontano, lo stesso cui il paziente era stato portato l’8 marzo, non classificato come centro COVID ma solo con “isola” per casi sospetti come altri nosocomi. Motivazione? Nel primo centro, il pronto soccorso è “impegnato su un arresto cardiaco e stanno massaggiando”».

Motivazione che a detta del medico non regge: «Il mio paziente – sottolinea Papappicco – non abbisognava di rianimazione. Inoltre quell’ospedale è fornito di “Lucas” il massaggiatore meccanico; un paziente in arresto di solito viene preso presto in carico dall’équipe di rianimazione e i medici di pronto soccorso si sganciano, o al più ne rimane quello che ha preso in carico il caso. Il mio paziente non avrebbe interferito con tutti medici e infermieri del paziente in arresto, posto che il mio sarebbe stato affidato al personale bardato con dpi del percorso COVID».

Sia quel che sia, all’equipaggio non resta che seguire le indicazioni della centrale operativa: «Risultato? Alle 4 la semplice radiografia del torace in clinostasi “compatibilmente con i limiti tecnici posturali” evidenzia una POLMONITE INTERSTIZIALE. In pratica il quadro radiologico della polmonite da CORONAVIRUS». Da qui la scelta dell’autoisolamento.