Il Policlinico di Bari

Trascorsi i cinque giorni di degenza previsti e una volta dimessa dall’ospedale, la 30enne aveva iniziato ad avvertire strani dolori addominali. Ricoverata d’urgenza, è stata sottoposta a un intervento chirurgico per sospetta occlusione intestinale, per poi essere posta sotto controllo nel reparto di rianimazione.

Un secondo intervento si è poi rivelato necessario per la 30enne che, ricoverata una seconda volta in rianimazione è sembrata in un primo momento migliorare. Poi le sue condizioni si sono aggravate e si è quindi deciso di trasferirla al Policlinico di Bari, dove i medici l’hanno sottoposta all’ennesimo intervento chirurgico rivelatosi però inutile: la donna è infatti morta qualche giorno dopo.

Ancora non si sa se si tratta di un caso di malasanità o di complicazioni inevitabili. I familiari della vittima hanno comunque sporto denuncia e la magistratura ha aperto un’inchiesta su quanto accaduto.

Può sembrare impossibile che in Italia, nel 2011, si possa morire per un parto cesareo ma, in realtà, si tratta di un intervento vero e proprio che nasconde eventuali rischi: dall’infiammazione e infezione delle membrane uterine, alla diminuzione della motilità intestinale, cioè una riduzione dell’efficienza dell’intestino.

Si può incorrere poi dai rischi di emorragie, al pericolo di formazione di trombi nelle vene della regione pelvica o delle gambe, per finire ai casi, definiti rarissimi, di danneggiamento accidentale di altri organi circostanti. Quest’ultima possibilità potrebbe spiegare quanto accaduto alla 30enne di Taranto, ma sarà la magistratura a fare luce su quanto accaduto.

Il giudice dell’udienza preliminare, Giulia Romanazzi, ha disposto invece una perizia per stabilire le cause della morte di Carmelo Solimeo morto il 2 novembre 2008 dopo essere stato sottoposto, sei mesi prima, a un trapianto di fegato nel il Policlinico di Bari. In questo caso, il quadro clinico dell’uomo di 65 anni era già compromesso perché affetto da cirrosi epatica e cancro al fegato.

Di qui la volontà di procedere col trapianto, ma 5 medici rischiano di essere rinviati a giudizio per omicidio colposo perché avrebbero sì effettuato il trapianto, ma di un fegato affetto da epatite B, non informando peraltro il paziente.

 

Angelo Fischetti