Avevo 9 anni quando ho scoperto di essere stata adottata. L’ho saputo per caso, mentre i miei cugini parlavano a casa dei miei nonni paterni. Ero una bambina all’epoca e non l’ho presa bene, poi crescendo ho capito tante cose. Eppure, fin da quel momento ho sempre voluto conoscere la donna che mi ha messo al mondo”. La voce di Paola Pastoressa si incrina e lascia spazio al magone di chi fin dalla tenera età ha cercato di colmare una voragine nell’anima, di occultare quel vuoto dinanzi alla sua famiglia adottiva di Bitonto, fingendosi serena e risolta, quando invece i dubbi, le curiosità e le mancanze riguardo alle sue radici le esplodevano dentro.

La 46enne ha cominciato a scavare nel suo passato dopo la morte di sua madre e suo padre. “Parlando con i miei genitori adottivi non sono mai riuscita a risalire a mia madre biologica. L’ho sempre pensata e da quando avevo 18 anni ho iniziato a cercarla, in concomitanza con la morte di mia madre adottiva nel 1995, poi nel 2006 è morto anche mio padre. Appena sono diventata maggiorenne ho presentato la prima istanza al Tribunale per i Minorenni di Bari per sapere chi fosse la mia mamma naturale, ma in quella prima occasione fu rigettata e mi fu detto che non erano riusciti a rintracciarla. Dopo alcuni anni ho presentato una nuova istanza tramite un altro avvocato e così abbiamo finalmente recuperato il mio certificato di nascita, grazie a cui ho scoperto di essere stata registrata il 28 febbraio 1978 come Paola Dresi, cognome probabilmente fittizio, essendo nata, però, il 26 al Policlinico di Bari con parto naturale. Stando ai documenti pare che fosse la prima gravidanza portata a termine da quella donna”.

Paola ci racconta che tramite quel certificato è riuscita a comprendere tante cose di sé, pur non avendo avuto risposte in merito all’identità della gestante che 46 anni fa ha deciso di partorirla in ospedale, in tutta sicurezza, ma scegliendo di restare anonima. “Grazie alla seconda istanza sono stati ritrovati i miei atti di nascita, ma il Tribunale mi ha riferito che di lei non è rimasto nulla di scritto, nessun documento. La cosa mi è sempre sembrata molto strana. Se sono risaliti ai i miei documenti come è possibile che non abbiano potuto farlo con i suoi?! Il legale che mi assisteva all’epoca della prima istanza mi disse che una suora mi aveva portato subito dopo la mia nascita nell’istituto in via Amendola a Bari, dove sono rimasta solo un mese, perché a marzo sono stata adottata. Sono riusciti anche a rintracciare l’ostetrica che mi ha fatto nascere, però lei purtroppo ha raccontato di non ricordare nulla di quella notte, perché erano troppi i bambini venuti al mondo nel febbraio del 1978. La suora purtroppo non è stata rintracciata, non sappiamo nemmeno se è viva”.

E nonostante gli ostacoli legali e burocratici che rendono sempre più impervia la ricerca delle sue radici, Paola, oggi madre di uno splendido bimbo, non si arrende e giura di essere pronta a lottare pur di sapere dove è finita colei che comunque ha scelto di portare a termine quella gravidanza. “Voglio sapere le cose come stanno, ma non per sconvolgere l’esistenza degli altri, bensì per capire se è viva, se le somiglio, se ho dei fratelli. Io credo di sì. Ultimamente sono stata ricoverata e in ospedale mi hanno chiesto che malattie avessi, se qualcuno della mia famiglia ne avesse, ma non sapevo che dire. Hanno scoperto che ho l’anemia e un problema alla tiroide, mi hanno domandato se qualcuno avesse già questo tipo di patologie e io sono rimasta in silenzio, ripensando a quanto è importante conoscere il proprio albero genealogico anche in funzione della propria salute”.

Poi c’è un sospetto che attanaglia Paola, le stringe il cuore e le offusca i pensieri da anni: teme che i suoi genitori sapessero chi fosse quella donna, ma che abbiano voluto nasconderglielo, abbiano voluto tenerla lontana, forse per paura di perdere la loro bambina. “Io mi sono informata nel tempo e ho capito che mio padre, colui che avviò tutte le pratiche per l’adozione, sapeva ancora prima che le domande fossero accolte quale fosse il mio sesso, che io ero una bambina. Questo mi ha portato a pensare che magari lui sapesse qualcosa. Poi qualcun altro mi ha detto che quando ero piccola veniva una signora davanti al portone di casa per vedermi. I miei, stando a questi racconti, non le avrebbero mai permesso di vedermi. Altra gente mi ha detto che poteva trattarsi di un’insegnante. Tutto questo l’ho scoperto da adulta e penso che nella mia famiglia ci sia ancora qualcuno che sa qualcosa e non vuole parlare. Dalla seconda istanza al Tribunale sono passati quasi due anni – spiega amaramente Paola – e non si sa ancora niente. Mi piacerebbe sapere se la donna che mi ha partorito è viva, io penso che lo sia; la speranza è l’ultima a morire”.

Paola non nasconde quanto la sua crescita sia stata complessa, probabilmente anche minata dalle insicurezze di una figlia che scopre nel peggiore dei modi di essere stata adottata. “Ringrazio mia madre e mio padre che ho amato, ma la mia vita con loro è stata piena di alti e bassi, soprattutto da quando hanno avuto una loro figlia naturale, tutto è cambiato. Se dovessi incontrare la donna che mi ha messo al mondo non so se riuscirei comunque a chiamarla mamma, perché credo che i figli siano di chi li cresce“.

Così, a questa figlia, ormai adulta, desiderosa di risposte, le si smorzano le parole in gola, il tono le si abbassa, parla più piano, in preda all’emozione e al tormento di chi si sveglia ogni benedetta mattina ponendosi sempre gli stessi interrogativi riguardo a quello che ha vissuto per molti versi come un abbandono. “Se fosse viva vorrei sapesse che la sto cercando, che le voglio parlare e voglio vederla, specchiarmi nei suoi occhi e capire se c’è qualcosa che ci lega. Capire se è sposata, se si è rifatta una vita. Vorrei sapere se ad oggi le piacerebbe riconoscermi, io lo accetterei volentieri. Poi può anche essere che i suoi genitori all’epoca non mi volessero, vorrei capire il motivo di quella scelta, ecco, tutto qui. Io non la giudico e mai lo farò. Oggi sono mamma, ho un bimbo e convivo con il mio compagno, non mi manca nulla, ma vorrei sapere che fine ha fatto. Solo questo, aiutatemi a cercarla”.