Oggi, 23 maggio 2021, ricorre il 31esimo anniversario dell’assassinio del giudice antimafia Giovanni Falcone, ucciso da Cosa Nostra in un attentato in Sicilia il 23 maggio 1992. L’esplosione, nota come strage di Capaci, avvenne sull’autostrada A29 nei pressi dell’aeroporto di Palermo, mentre Falcone rientrava da Roma. Oltre al magistrato, persero la vita sua moglie Francesca Morvillo, anche lei giudice, e tre poliziotti, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Cosa è successo

L’assassinio è stato orchestrato dal padrino di Cosa Nostra Totò Riina, che avrebbe brindato alla morte del giudice con dello champagne. Falcone aveva 53 anni quando fu ucciso. L’enorme bomba, composta da 13 barili riempiti con 500 kg di esplosivo, fu collocata in un tunnel sottostante l’autostrada. Gli esplosivi furono fatti esplodere da Giovanni Brusca, sicario della mafia noto come “Il maiale“, che era di stanza sulle colline sopra Capaci.

Gli omicidi hanno turbato la coscienza collettiva del Paese intero, provocando un dolore condiviso, una ferita non rimarginabile; il Parlamento dichiarò in quell’occasione un giorno di lutto. Migliaia di persone si radunarono a Palermo per i funerali trasmessi in diretta dalla televisione nazionale.

Insieme al suo amico, il collega giudice e magistrato d’accusa Paolo Borsellino, assassinato 57 giorni dopo, Falcone trascorse la maggior parte della sua illustre carriera professionale cercando di estirpare dalla radice il potere della mafia.

Strage di via D’Amelio

Il 19 luglio 1992 Borsellino fu ucciso da un’autobomba in via d’Amelio a Palermo, insieme a cinque poliziotti, Agostino Catalano, Walter Cosina, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina. Le morti di Falcone e Borsellino hanno portato all’arresto nel 1993 del boss Totò Riina, morto in carcere nel 2017.

Matteo Messina Denaro, arrestato all’inizio di quest’anno dopo 30 anni di latitanza, è stato processato e condannato all’ergastolo in contumacia nel 2002 per il suo ruolo nell’uccisione dei due giudici.

Il ricordo degli eroi

“Falcone e Borsellino hanno rivelato ciò che la mafia è nella realtà: un cancro per la comunità civile”. Queste le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 31esimo anniversario della strage di Capaci. Il capo dello Stato ha spiegato quanto i due giudici siano riusciti a “demolire la presunzione mafiosa di un ordine parallelo svelando ciò che la mafia è nella realtà: un cancro per la comunità civile, una organizzazione di criminali per nulla invincibile, priva di qualunque onore e dignità“.

“Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani: con la loro memoria insegniamo ai giovani il rispetto della giustizia”. Così si è espresso via Twitter il ministro degli Esteri Antonio Tajani in occasione dell’anniversario della strage di Capaci e della Giornata della legalità che si celebra proprio il 23 maggio. “La mafia si combatte ogni giorno lungo la strada della legalità che questi eroi ci hanno indicato con il loro sacrificio“, ha scritto.

Anche il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ha ricordato le vittime della strage di Capaci. “Bisogna essere uccisi in questo Paese per essere credibili?”. Non voglio dimenticare Giovanni Falcone, non voglio smettere di indignarmi e impegnarmi per i suoi stessi valori, non voglio che si abbassi il livello di guardia, non voglio che nessuno alzi le spalle pensando che con la cattura di Messina Denaro si sia completamente chiuso un capitolo”, ha scritto Conte su Facebook. “Se facciamo questo errore – ha proseguito -, chi combatte ogni giorno la criminalità organizzata resta solo. E Giovanni Falcone fu costretto a trasformarsi in eroe proprio perché troppo solo nella sua battaglia”. “Giovanni Falcone ‘vive’ solo se ogni cittadino non rinuncia a lottare contro le mafie. Giovanni Falcone ‘vive’ solo se la politica e le istituzioni fanno scelte chiare e forti, senza zone d’ombra. Le occasioni per farlo ci sono sempre, oggi come in tutti i giorni”.

“Bisogna lavorare perché non resti, dopo 31 anni, il ricordo della tragica fine di Giovanni Falcone, della moglie Francesca e del personale di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro”. Questo il commento del ministro della Protezione civile e della Marina Politiche, Nello Musumeci.

Negli ultimi decenni – ha proseguito – la Sicilia è cambiata, lentamente, come la consapevolezza che l’impegno antimafia riguarda tutti e che va predicato e praticato ogni giorno, senza retorica e senza ipocrisia. Resta la speranza di conoscere finalmente tutta la verità su quella drammatica stagione di sangue, opacità, omissioni che ha segnato la storia della nostra nazione”.