Ieri 7 Maggio 2023 si è svolta in tutta Italia, dal nord al sud, da Aosta a Lampedusa, la Staffetta dell’Umanità, promossa e organizzata da Michele Santoro per “superare la montagna dell’indifferenza”, con l’unico obiettivo condiviso di gridare silenziosamente che “non c’è nemico più grande della Guerra”. Con queste parole, da tutti i suoi canali social e dalla sua App Servizio Pubblico, il giornalista, autore e pacifista italiano, ha lanciato l’appello, raccolto da numerose Associazioni in tutta Italia, da intellettuali, attori, cantanti e e semplici cittadini e che ha visto sfilare dalle 12 di ieri, per 8 percorsi distinti della penisola, più di 5mila persone su 4mila km totali, organizzati in gruppi o anche semplicemente unitesi via via, ai passanti con un’unica ideale bandiera condivisa, quella della Pace.

“L’obiettivo di Putin, l’obiettivo di Zelensky, l’obiettivo della Nato – dice Santoro nella sua spiegazione all’iniziativa  – è comunque quello di arrivare ad una trattativa, però prima deve dominare la morte, prima deve dominare la distruzione, dell’intera Ucraina, forse di una parte importante della Russia, perché si minaccia di usare anche armi a lungo raggio, e poi se saremo ancora vivi si potrà pensare ad una trattativa. Così la pensano i mercanti di armi, così la pensano le grandi potenze, ma così non la pensiamo noi, che invece vogliamo il cessate il fuoco subito, e vogliamo che la trattativa tra le grandi potenze cominci subito”.

Al grido di una pace immediata hanno risposto da ogni parte d’Italia, registrandosi con il proprio nome e ricevendo una tratta specifica da percorrere, di circa 1 Km, ciascuno; cittadini, politici, intellettuali, cristiani e semplici attivisti si sono incontrati sulla strada scambiandosi come segno di pace, una simbolica bandiera. Percorsi sovrapposti e tangenti che hanno visto partecipare una marea ordinata e dinamica anche su tratti impervi e solitamente poco frequentati, dove si sono uniti, su ogni tragitto anche molte persone non registrate e quindi non tracciate, ma semplicemente animati dallo stesso spirito lanciato dall’appello dei giorni scorsi. Un unico corteo, simbolo di un sentimento diffuso e solidale, emblema di una partecipazione negata e non richiesta, espressione di un nutrito popolo pacifista, troppe volte strumentalizzato da una comunicazione, non solo politica, che della bandiera della pace ha fatto un’arma di confusione di massa.

L’inizio della staffetta dell’Umanità da Lampedusa

La diretta mediatica iniziata ieri alle 12 dal porto di Lampedusa, si è aperta con un collegamento dello stesso Santoro che ha inaugurato un cammino, sparpagliato e articolato su tutta la penisola e che è terminato idealmente proprio nell’isola siciliana perché come lui stesso ha ribadito “a Lampedusa o si fa l’Europa o si muore. Con queste parole Michele Santoro dà il via alla Staffetta dell’Umanità, e poi prosegue: “Queste sono le onde della guerra. Il nostro Presidente del Consiglio ama parlare di Piano Mattei, ma dovrebbe sapere che uno dei motivi per cui l’Africa non è stabile è perché in quei territori dominano le grandi potenze, che non vogliono uscire. Lampedusa non è emergenza. Qui si fa lo Stato, qui lo Stato deve dimostrare con ordine di saper gestire un fenomeno permanente”. Detto questo, Michele Santoro si mette in cammino, idealmente accanto alle oltre 5 mila persone di fatto in marcia in tutta Italia, e con fisicamente accanto il parlamentare dimissionario Aboubakar Soumahoro, deputato alla consegna della Pace all’interno del centro di accoglienza dell’isola.

Da Aosta a Roma. Da Padova a Cagliari. Da Piacenza a Palermo.

Dall’ultima spiaggia d’Italia, la diretta si sposta all’estremo opposto, ovvero la piazza di Aosta, con Cristian Romaniello, alla guida di un gruppo di persone dirette fino ad Ivrea, con le quali ribadisce come la spinta motivazionale ad aderire a questa iniziativa collettiva sia stata solo quella di “cercare e lottare per ottenere condizioni di pace. Crediamo – prosegue Romaniello –  che sia debolezza cercare la pace attraverso la guerra. Abbiamo chiesto alle persone di percorrere anche tratti impervi ed hanno aderito con entusiasmo”. La narrativa della staffetta non si esime dalla descrizione della produzione di armi, di cui siamo direttamente responsabili: i famigerati F35, vengono assemblati solamente negli Stati Uniti, in Giappone e a Cameri, in provincia di Novara, dove sin dal 2006 è in corso una protesta capeggiata da Pax Christy, Rete disarmo e Taglia le ali alle armi, per dire no alla partecipazione italiana alla produzione di caccia, atti allo sgancio di bombe nucleari.

Una problematica direttamente proporzionale alla richiesta ramificata della Staffetta dell’Umanità di una “pace subito” che giunge da varie piazze in collegamento, come quella di Piacenza, dove guida il corteo Jo Squillo e di Palermo, dove in prima fila è schierato Vauro, che in preda ad un’evidente emozione dice “questa scommessa azzardata di fare una staffetta da Aosta a Lampedusa, almeno da qui, nel silenzio e nell’omissione dei media, è un gran successo. La gente si è unita al cammino in massima libertà, mentre il corteo stava già sfilando, con passione e amore facendo diventare questo cammino un primo luogo dove esprimere le proprie istanze a favore della pace e contro l’invio delle armi”. Una preoccupazione condivisa anche dalla popolazione di Cagliari, riunitasi, proprio grazie alla staffetta dell’Umanità per gridare ad alta voce il dissenso della Sardegna alle esercitazioni Nato presenti sul territorio, proprio in questi giorni.

Vogliamo la morte o vogliamo la vita? Vogliamo la pace o vogliamo la guerra?”, questo il grido che si rilancia da un punto all’altro della staffetta con un’unica sola voce, quella di difendere il diritto alla non belligeranza anche a tutela di tutti coloro i quali, sono costretti a fare la guerra, soldati sia russi che ucraini, che non hanno avuto alcuna scelta. Una posizione condivisa da tutti i manifestanti, provenienti da tutta Italia che ieri hanno aderito silenziosamente, nella quasi completa indifferenza dei media. “La guerra fa milioni di morti – interviene da Ferrara, Alessandro Borgonzoni – ma fa anche milioni di vivi. Non possiamo più non aspettarci che si arrivi al tavolo delle trattative. Questa Italia di oggi è stata cucita con un filo per far vedere che ci sono molte persone che non accettano, non subiscono, ma hanno idee e hanno voglia di abbandonare questo mercato delle armi. C’è un conflittodidisinteresse nel senso che ci siamo abituati alla guerra, e poi c’è un conflitto di interesse, nel senso che fa bene alle super potenze questa guerra. L’atomica è vicina. Dobbiamo cambiare dimensione, non possiamo più dire non lo sappiamo!”.

La voce pacifista d’Italia rimbalza, poi, a Roma, dove un corteo eterogeneo composto da Donatella di Cesare, Moni Ovadia, Fausto Bertinotti, Fiorella Mannoia e il Senatore Raniero La Valle e numerosi altri cittadini si avvia da Borgo San Pio a San Pietro, uniti nella profonda convinzione di un’integrità mondiale contro la guerra.

I collegamenti si sovrappongo, con interventi di ogni tipo, musica di strada inneggiante alla pace e contributi internazionali volti a delineare varie aperture mondiali contro la guerra in genere. “La guerra è una malattia – dice da Bolzano un cantautore boliviano unitosi al corteo – e l’unico rimedio è l’Amore”.

Cacciari, Ovadia e Monsignor Bettazzi uniti a distanza per la Pace

Le strade della pace, con i loro 4 mila km tracciati, hanno disegnato ieri un’Italia pacifista dal nord al sud, in alcuni tratti inedita, portando la bandiera arcobaleno anche in posti dove non era mai arrivata, come l’Aspromonte. Un entusiasmo tangibile, espressione di una generale rivoluzione silenziosa che singolarmente e collettivamente allo stesso tempo, ha unito nell’ideale pacifista persone che pur non conoscendosi hanno camminato insieme per manifestare un ragionamento, un accordo che non preveda più l’uso esclusivo della violenza. “Pretendiamo una politica di pace, pretendiamo una politica che sia in grado di negoziare”, interviene da Roma la Prof.ssa Antonella Di Cesare.

“No alla Guerra, pace subito!” urla la folla de L’Aquila, mentre sorregge camminando la lunga bandiera arcobaleno. Un coro cui fa eco a km di distanza, Moni Ovadia che ai microfoni di Daniele Ognibene, ormai giunti a Castel Sant’Angelo, nel cuore della cristianità mondiale, dice “Io sono particolarmente felice di questa iniziativa che ha un alto valore simbolico. La Pace è uno dei pochi valori assoluti cui un uomo più tendere”.

Dal centro di Padova, Massimo Cacciari concede la visione collettiva dell’evento dicendo “ la stampa nazionale, le televisioni, non hanno assolutamente l’immagine di quella che è la sensibilità di questo paese in merito alla tragedia della guerra, è tutto assolutamente appiattito. Questa manifestazione solleva questa sensibilità”.

Ieri l’Italia che camminava per la Pace ha mostrato tutta la sua integrità, ha finalmente svelato l’ipocrisia di una narrativa belligerante, che ci vede necessariamente complici e impotenti. Le oltre 5mila persone in marcia registrate, alle quali si sono aggiunte tutte quelle non tracciate, arrivando ad ipotizzare quasi 20mila adesioni, hanno dimostrato, al contrario, una sensibilità diffusa, convintamente schierata contro l’invio indiscriminato di armi. Esiste un cospicuo partito senza bandiere politiche che ha scelto e vuole la pace subito! Esiste una grande parte della popolazione italiana contraria alla guerra, che non si riconosce in una specifica appartenenza politica, o che al contrario condivide posizioni diverse, e che ieri hanno piantato le loro bandiere di pace in ogni angolo del Paese.

Uno dei contributi più emozionanti offerti alla giornata storica di ieri è stato quello di Monsignor Bettazzi, Vescovo emerito di Ivrea, che quest anno compirà 100 anni: “Sono stato per 17 anni Presidente di Pax Christy e sento il tema della pace come la mia missione. E’ vero che la Chiesa ha sempre parlato di guerre giuste, perfino umanitarie, ma da quando il Papa ha detto che la guerra è una follia, compresa quella di difesa, qualcosa è cambiato. C’è chi non vuole perdere, ma chi è che vince? Con centinaia di migliaia di persone uccise, con milioni di esuli e le città distrutte, chi può vincere? Bisogna trovare il modo di evitare le guerre. Bisogna alimentare la mentalità non violenta, poi bisogna impegnarsi davvero nella diplomazia. Io credo che bisogna arrivare ad una vera democrazia dell’Onu”.

La staffetta dell’Umanità ha superato il muro dell’indifferenza, grazie alla partecipazione personale e collettiva di un Paese che, nel giorno in cui si festeggia il 75esimo anniversario del Senato della Repubblica italiana, ripudia, oggi più che mai, ogni forma di guerra.