Il giorno, tanto temuto dagli alunni, è arrivato: ieri, 5 maggio, sono iniziate le prove Invalsi alla primaria. Primo test, per i bambini che frequentano la quinta elementare, la prova di inglese che si svolge nella tradizionale modalità cartacea. Oggi, gli stessi alunni, circa 500mila, si cimenteranno con la prova di italiano e lunedì 9 maggio sarà la volta della prova di matematica, cui si assoceranno anche i bambini della seconda classe della scuola primaria. Prove che non piacciono agli alunni ma neanche a tanti insegnanti. Un gruppo di loro, che ha scelto di chiamarsi “La classe dei maestri quasi estinti”, in evidente riferimento alla celeberrima “setta dei poeti estinti” dello splendido film “L’attimo fuggente” in cui il mitico professor Keating seguiva la via indicata da Plutarco duemila anni fa col suo “gli studenti non sono vasi da riempire ma fiaccole da accendere”, ha voluto esprimere il suo dissenso con il seguente testo, che riportiamo integralmente: 

Poesia e Invalsi

Se dovessimo dar un nome alle nostre classi le chiameremmo “Le classi dei poeti estinti” (in omaggio alla leggendaria classe del leggendario Prof. Keating). Dentro queste mura ci sono piccoli uomini, piccole donne che sprizzano poesia dagli occhi, dalle labbra, dai gesti.
E qualcuno anche, letteralmente, dalla penna.
La poesia la cogliete per forza, se li osservate, li ascoltate, ci dialogate
ogni giorno. Poesia è loro scoperta continua di sé stessi, degli altri, della scrittura, dei
numeri, della conoscenza.
Poesia sono le loro intuizioni repentine, le loro associazioni d’idee così spiazzanti, eppur così geniali.
Poesia sono i bigliettini d’amore che si scambiano i fidanzatini di turno, i disegni fatti su carta riciclata che ci donano per puro amore, i loro ingenui sotterfugi per sottrarsi alla “fatica” del giorno.
Poesia è quando imparano a legarsi le scarpe sotto i nostri occhi e ce lo annunciano con orgoglio.
La poesia è anche nell’errore che serve a loro e a noi per trarne insegnamento lungo tutto il percorso.
È altamente poetico quando scorgiamo in ognuno la propria vocazione in nuce.
Ancor più poetico accorgersi che ci siamo "addomesticati" per tanti anni quasi senza accorgercene.
È, infine, quasi lirico quando, dopo dieci anni o più, scopriamo che una di quelle vocazioni è stata ascoltata, perseguita e divenuta realtà.
La scuola invalsificata rappresenta l’esatta negazione di tutto questo.
Perché non c’è poesia in un bambino di sette o dieci anni che compila inseguito dal cronometro.
Perché non è un sistema concepito per rilevare la poesia dell’apprendimento, tutti i progressi fatti lungo la strada, il cammino educativo che alunno e maestro hanno percorso insieme”.