“Io quando mi sposo?” scritto su un cuore rosso con attaccato un velo da sposa. Questa mattina il comparto wedding pugliese si è riunito sul lungomare, davanti alla sede della Regione, per avere riscontri seri. Fino ad ora l’intero comparto è stato ignorato, mentre altri settori abbiano avuto il via libera per ripartire. Il grido di disperazione arriva da tutti i professionisti che ruotano attorno all’organizzazione del matrimonio, fermi ormai dall’estate scorsa.

In totale sono 12 le piazze italiane in cui si è svolta la manifestazione nazionale organizzata da Unanime, in collaborazione con Federmep, Assoeventi e FEU, parallelamente una delegazione delle associazioni partecipa alla class action di Roma davanti a Montecitorio.

“Siamo tantissimi, musicisti, fotografi, planner, proprietari di atelier, agenzie di viaggio, fioristi, rappresentanti di tutte le categorie del comparto. Manifestiamo a distanza, ognuno nel proprio quadrato di sicurezza, con dress code total black. La nostra presenza è necessaria, ciò che chiediamo è straordinario: lavorare” sottolinea la wedding planner Marita Campanella, associata a Federmep.

Arriva anche l’urlo dei musicisti, rappresentati dalla voce di Rino de Martino: ”Stiamo recriminando il nostro diritto al lavoro. Ci hanno ignorato, nessuno ha alzato un dito per noi. Nel caos, facciamo da psicologi agli sposi, cerchiamo di rassicurarli. Ma se il Governo non ci da risposte, noi non potremo darle agli sposi, ormai in preda al panico.”

“Siamo alla fine, allo stremo delle forze, fermi da un anno e mezzo, le vendite sono crollate – continua Nino Minafra, proprietario di un atelier – abbiamo bisogno di sostegni veri, accompagnati da un protocollo di sicurezza per la ripartenza”.

“Purtroppo è all’ordine del giorno la chiamata degli sposi che rimandano il matrimonio al 2022, solo nel pomeriggio di sabato scorso, ne abbiamo ricevute sei di telefonate di questo tenore – aggiunge una fiorista -. Nell’incertezza e in mancanza di indicazioni, i matrimoni programmati per il 2020 e il 2021, rimandano all’anno prossimo, posticipando per la terza o quarta volta il proprio giorno più bello. Le tasse però noi continuiamo a pagarle, anche se gli incassi sono a -90%; se dobbiamo rimandare tutto al 2022, rimandiamo anche il pagamento delle imposte. Solo noi non possiamo aprire, è ingiusto.”

Il comparto quindi non si arrende e cerca, insieme ai Promessi Sposi dell’era Covid, risposte concrete. Se lo Stato continua a tacere, a fare la parte del Don Abbondio, quel che è certo è che quelli della Wedding Industry non rimarranno in un angolo a fare i bravi.