Il Garante per la protezione dei dati personali ha sanzionato l’Inps, con una multa da 300mila euro, per aver violato la privacy dei titolari di partita Iva che, un anno fa, hanno richiesto il bonus Covid.

L’Istituto, secondo il Garante della Privacy, avrebbe trattato in modo non legale i dati personali di milioni di cittadini, durante gli accertamenti antifrode finalizzati a scoprire i politici “furbetti”.

Pur riconoscendo che “lo svolgimento dei controlli sulla sussistenza dei requisiti previsti dalla legge per l’erogazione del bonus è riconducibile a compiti di interesse pubblico rilevante, l’Inps avrebbe violato il Regolamento sulla privacy, non essendo stato in grado di dimostrare di aver svolto i controlli nel rispetto delle norme europee”, si legge nella nota del Garante della privacy.

“L’Istituto ha effettuato elaborazioni e incroci tra i dati di tutti coloro che avevano richiesto il bonus con quelli dei titolari dei predetti incarichi – continua -. Ciò senza però aver prima determinato se ai parlamentari e agli amministratori regionali o locali spettasse o meno tale beneficio, anche in considerazione delle differenti caratteristiche delle cariche ricoperte. In questo modo l’Inps ha violato i principi di liceità, correttezza e trasparenza stabiliti dal Regolamento Ue in materia di protezione dei dati personali”.

“L’Inps non ha rispettato neppure il principio di minimizzazione dei dati, avendo avviato i controlli finalizzati al recupero dei bonus anche su tutti quei soggetti che, pur avendolo richiesto, non lo avevano percepito, visto che la loro domanda era già stata respinta per ragioni indipendenti dalla carica ricoperta – conclude -. L’Istituto di previdenza non ha neppure valutato adeguatamente i rischi collegati a un trattamento di dati così delicato come è quello riguardante i richiedenti un beneficio economico classificato come ammortizzatore sociale, non effettuando la valutazione di impatto sui diritti e le libertà degli interessati”.

“Prendiamo atto della decisione del Garante in merito al caso dei controlli effettuati dall’Istituto sui beneficiari di bonus Covid, in particolare tra coloro che ricoprono incarichi politici, per i quali il Ministero del Lavoro ha poi indicato che i percettori di indennità assimilabili al lavoro dipendente non ne avessero diritto – replica Inps -. Nell’analisi e nei controlli effettuati, per i quali l’Istituto ha osservato integrale riservatezza, non sono stati utilizzati dati sensibili o anche dati che non fossero visibili al pubblico. Cionondimeno, è stato deciso di perseguire l’Inps con una sanzione e ravvisare gli estremi di violazione dei criteri di privacy. L’Istituto, pur ritenendo eccessivo l’impianto di giudizio complessivo, attiverà prontamente la valutazione di impatto richiesta e la cancellazione dei dati non necessari”.

“È opportuno rilevare che l’applicazione della privacy by design e by default – indicata dal Garante in ogni sua declinazione teorica come vincolante per tutte le attività – può, per un Istituto che gestisce decine di milioni di prestazioni per lo Stato e i cittadini nella previdenza e nell’assistenza, creare nella pratica molte incertezze nel funzionamento dell’amministrazione, che tende sempre più a gestioni automatizzate e digitali, e nelle sue legittime azioni di controllo massivo e di antifrode in tempi rapidi che uno Stato equo, efficiente ed agile richiede”, conclude Inps.