“L’ospedale Vittorio Emanuele di Bisceglie non è un ospedaletto. L’équipe del dottor Fontana mi ha salvato la vita”. Gerardo Marino è uno che sa cos’è la gratidudine. Un batterio, quasi certamente dopo una cura odontoiatrica, gli ha rosicchiato e devastato una vertebra cervicale. All’inizio un problema di ernie dorsali e lombari a causa del suo passato nel mondo del motocross a detta del medico curante, poi il viaggio a Roma e la diagnosi impietosa. Il ritorno a Bari e il vano tentativo di un ricovero nel reparto di Malattie infettive al Policlinico. Era un venerdi sera. Niente posto, troppa gente al pronto soccorso e per lui non c’era più tempo.

A quel punto la corsa all’ospedale di Bisceglie. Qualcuno gli aveva detto: “Che vuoi che ti facciano in quell’ospedaletto?” In realtà, nell’ospedale Vittorio Emanuele, uno di quelli appesi al filo della chiusura, all’imprenditore che opera da decenni nel settore delle autolinee hanno salvato la vita. Certo, un caso in mezzo a qualche brutta esperienza, ma in attesa dei nuovi accertamenti il peggio è ormai alle spalle. Gerardo e Loredana, sua moglie, sono venuti in redazione per raccontarci la loro storia e dire grazie ai medici per la dedizione, le attenzioni e la passione dimostrate verso tutti i pazienti del reaparto.

“Evidentemente – spiega Loredana – a quei medici piace il lavoro che fanno, non si applicano certo solo per lo stipendio a fine mese”. Quanto vale la vita di un uomo, di un solo uomo? Cosa fa di un ospedale un buon ospedale? Nel video tante domande e qualche risposta, data con maggiore serenità dopo il periodo drammatico in cui Gerardo non riusciva neppure ad alzare la testa dal cuscino per via dei dolori lancinanti, sfociati in una serie di incubi: “Sognavo che la testa era tanto pesante da staccarsi dal collo”.

Quei medici non frettolosi e superficiali hanno ascoltato, visto e cercato di capire. Speriamo, dopo la chiusura degli ospedali voluta senza il timore delle insurrezioni popolari dal presidente della Regione Puglia Emiliano, che tutti i medici abbiano la possibilità di lavorare con la stessa dovizia; non con la fretta toccata con mano quel venerdì sera al Policlinico. “Essere qui a raccontare la nostra storia – spiegano Gerardo e Loredana – è importante. Vorremmo che tutti i medici onesti e dediti al proprio ruolo, si sentano gratificati. Se buona parte della sanità pugliese nonostante tutto funziona è soprattutto merito loro”.