L’ex capitano biancorosso ha deciso di interrompere il suo silenzio (aveva scelto di non parlare neanche con gli inquirenti) e lo ha fatto, rilasciando un’intervista alla Gazzetta dello Sport, nella quale fa chiarezza sul suo coinvolgimento nella vicenda che sta sconvolgendo il calcio italiano e quello barese in particolare.

«È stato Gegic, uno degli Zingari, ad avvicinarmi a Milano: voleva che trovassi giocatori disponibili alle combine e offriva tanti soldi. Ho sbagliato ad accettare e ora è giusto che paghi», racconta Bellavista, sottolineando però di non meritare un’eventuale squalifica a vita.

«Equivarrebbe a negarmi per sempre il diritto al lavoro, perché ho una scuola calcio e ai genitori dei ragazzini ho chiesto scusa. Non sono stato un buon esempio: vorrei avere una seconda possibilità. Se sgarro ancora, radiatemi pure», si sfoga l’ex centrocampista, prima di soffermarsi sull’incontro con Andrea Masiello per cercare di alterare le gare del Bari.

E qui Bellavista ammette di non essere riuscito negli intenti di Gegic e compagnia, perché (sebbene i biancorossi fossero retrocessi e, quindi, nella condizione ideale per fare quello che voleva l’organizzazione criminale) lo spogliatoio era spaccato e inaffidabile.

Anche se, la realtà dei fatti racconta che alla fine gli Zingari riuscirono ad agganciare ugualmente qualcuno dei Galletti, pur senza il suo aiuto.

L’ex Treviso, Verona e Andria BAT (tra le altre) passa poi all’attacco del sistema calcio, affermando che i giocatori-scommettitori siano più di una semplice maggioranza e chiedendosi come mai solo oggi i vertici della Federcalcio stiano scoprendo quello che tutti da tempo sapevano.

«Le scommesse illegali sono solo una conseguenza di una mentalità sbagliata. Il calcio italiano è profondamente malato. Da noi le ultime gare di campionato sono da sempre un mercato, i taciti accordi la prassi: l’inchiesta di Cremona ha avuto il merito di far uscire il marcio», questo il suo pensiero.

Bellavista si dice poi d’accordo con l’altro pentito eccellente Cristiano Doni, che nelle scorse settimane aveva invitato i giocatori coinvolti nello scandalo a collaborare, anche se, a suo dire, ci sarebbe troppa ipocrisia nei giudizi espressi dall’opinione pubblica, perché chi ha giocato sa che molte comportamenti (che non significherebbero necessariamente calpestare le regole dello sport) non andavano già da tempo.

«Ci sono ex calciatori del Bari che vogliono fare una class action, perché si sentono infangati dagli ultimi eventi: ma loro non hanno mai regalato una partita oppure pareggiato, perché era un risultato comodo? Smettiamola di fare i santarelli», attacca ancora il bitontino, chiedendosi anche se sia normale che certi presidenti condannati per aver comprato match e promozioni possano permettersi di dare anche lezioni di morale.

Un chiaro messaggio al patron del Genoa Enrico Preziosi del Genoa, che qualche giorno fa si era detto assolutamente contrario a ogni proposta di amnistia nello scandalo scommesse, definendola una cosa di uno squallore unico, per la quale non si possono assolutamente ipotizzare sconti.

La proposta, partita dal pm di Cremona Di Martino, vede Bellavista favorevole, perché potrebbe essere l’unica praticabile vista la vastità del problema, anche se forse egoisticamente preferirebbe che la giustizia faccia il suo corso e scopra tutto il marcio per metterlo sul piatto della bilancia e ridiscutere la sua radiazione.

«Una cosa è certa: se avessi una seconda chance non la sprecherei, perchè la lezione del carcere non la scordi più», conclude amaramente l’ex capitano del Bari.

Nicola de Mola