Un abbraccio tra Michele Emiliano e Matteo Renzi.

Mi candido ufficialmente alla segreteria del Partito Democratico”. L’ennesimo coup de théâtre di Michele Emiliano arriva dalla direzione nazionale del Partito Democratico. “Mi candido alla segreteria del Pd – aggiunge il governatore della Regione Puglia – perché questa è casa mia, è casa nostra e nessuno può cacciarmi o cacciarci via“.

L’abbiamo costruita – prosegue Emiliano – assieme a Romano Prodi e ai segretari e vicesegretari che si sono avvicendati, Piero Fassino, Francesco Rutelli, Walter Veltroni, Dario Franceschini, Pierluigi Bersani, Enrico Letta, Guglielmo Epifani, e a milioni di altri italiani che hanno fortemente voluto la nascita e la sopravvivenza di questo Partito anche a costo di rinunciare ai propri ruoli. Mi candido dunque accogliendo il loro invito ed il loro esempio, ma soprattutto quello tantissimi militanti che mi hanno chiesto in queste ore di far sopravvivere il progetto politico cui abbiamo lavorato insieme a partire dal 14 ottobre del 2007“.

Sorrido amaramente – aggiunge Emiliano – quando mi descrivono esitante nel prendere questa decisione: è evidente che chi è capace di tanta superficialità rispetto a questioni così gravi, non ha mai vissuto analogo travaglio. Sono le stesse persone che nulla hanno avuto da dire ad un segretario e premier che dopo aver personalizzato un referendum costituzionale, promettendo addirittura il ritiro dalla vita politica in caso di sconfitta, oggi vanno avanti con lui senza porgli le domande che fanno a me“.

Nel corso del suo intervento Emiliano cita don Sturzo, don Milani e Che Guevara e non nomina mai direttamente Matteo Renzi, che chiama invece “ex segretario”: “Mi candido dunque – afferma il governatore – nonostante il tentativo del segretario uscente, chiaro a tutti, di vincere il congresso ad ogni costo e con ogni mezzo, approfittando di avere gestito per tre anni tutto il potere politico, economico e mediatico di questo Paese. Ha fretta perché non vuole rinunciare a questa posizione dominante e non concede ai suoi avversari il tempo necessario per girare nemmeno la metà delle province italiane perché i suoi errori e le sue contraddizioni, ove discussi dai militanti in uno spazio ragionevole, provocherebbero, un suo forte indebolimento. Avremmo potuto confrontarci con la nostra gente sulle idee che ci hanno diviso“.

Emiliano parla quasi da “caposquadra” di una formazione alla quale appartengono attivamente Rossi e Speranza: “Nonostante il poco tempo concesso – dichiara infatti – ci proveremo lo stesso, perché per noi il congresso non sarà mai una prova muscolare ma l’esercizio dell’anima democratica della nostra comunità. Enrico, Roberto ed io abbiamo impedito al segretario dimissionario, assieme a migliaia e migliaia di militanti, di precipitare il Paese verso elezioni anticipate chiedendo che un congresso vero e approfondito ci consentisse di riflettere sui 1000 giorni di governo“.

Emiliano torna poi sul suo intervento all’assemblea di domenica scorsa, che aveva sorpreso tutti: “Durante l’assemblea di domenica – spiega – ho tentato, scuotendo negativamente l’animo di molti miei sostenitori, un’ultima disperata mediazione che impedisse una scissione con l’area della sinistra del partito rappresentata da Rossi e Speranza. Il mio intervento seguiva quello di Guglielmo Epifani che aveva richiesto al segretario dimissionario una maggiore contendibilità del Congresso per utilizzare questo elemento come punto di partenza di una ricucitura. Assieme a loro ho aspettato un gesto, semplice e facilmente realizzabile, che avrebbe con certezza evitato la paventata scissione che tutti viviamo come una sciagura. Ma quel gesto non è arrivato. Anzi, il segretario non ha replicato in assemblea lasciando di stucco tutti gli osservatori e l’Italia intera“.

In questa battaglia di difesa del Pd – conclude Emiliano – non abbiamo ragionato su tatticismi ed alleanze precostituite, ma fidandoci dei singoli militanti, degli italiani e della loro coscienza. Consapevoli che ‘Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso’”.