Nei giorni scorsi è stata data la notizia dell’acquisto di un altro modulo per l’angiografo Siemens all’ospedale della Murgia. Ulteriori spese per completare un investimento già costato una cifra ingente ai contribuenti. Purtroppo si tratta di un investimento poco utile, perché per il momento non si intende aprire un servizio di emodinamica o per l’impianto di pacemaker in urgenza come più volte promesso, quando quell’ospedale incompleto è stato definito polo di eccellenza.

Talmente eccellente, da esserci bisogno di 160mila euro per rifare l’impianto elettrico nel seminterrato, andato a fuoco a causa di una infiltrazione d’acqua. Nel caso in cui il macchinario venga attivato, potranno essere effettuati solo interventi diagnostici coronarografici e di impianto di pacemaker grazie a specialisti esterni, dato che il Perinei non rientra tra le Unità cardiologiche interventistiche d’urgenza nel nuovo “Piano di riordino”. Appare evidente come, al di là della propaganda, manchino cardiologi esperti.

IL CASO – A sostegno di quanto detto vi raccontiamo un episodio accaduto lo scorso 26 novembre. La “vittima”, un uomo di 75 anni, va al pronto soccorso dell’ospedale perché ha un persistente dolore al petto. L’uomo è cardiopatico, ha con sé la documentazione clinica. L’anziano viene accettato alle 15.04 da un’infermiera, che gli misura pressione, frequenza cardiaca e gli assegna un codice “verde poco critico”. Alle 15.10, poi, viene effettuato un elettrocardiogramma. Alle 15.15 e 15.25 sul referto si fa riferimento a una “visita generale”, ma in nessuna pagina della “relazione di pronto soccorso” è stato riportato un qualunque esame fatto dal medico.

Gli orari rendono giustizia a quando denunciamo da anni. Alle 16.07 vengono portati in laboratorio gli “esami ematici d’urgenza”, in cui si legge “Troponina I”, che però non viene dosata. Dall’ingresso del paziente, fino a circa le ore 20.00, trascorrono ore di attesa, senza ulteriori approfondimenti o terapie. Non una radiografia del torace o un semplice analgesico per quel dolore lancinante. Solo intorno alle 20.00, infatti, dopo che i familiari sollecitano un intervento, il medico di pronto soccorso richiede una consulenza cardiologica. Dalla relazione dello specialista emerge un “dolore a barra del torace, bbsx, coronaropatia ad impronta aneurismatica, stenosi coronarica destra del 50,60%, ectasia aortica. La cardiologa rimbrotta qualcosa al collega del pronto soccorso e scrive ancora: “Non disponibile valore della troponina”.

A quel punto dispone immediatamente l’enzimatica cardiologica omessa dal collega di pronto soccorso e giudica negativamente l’attesa inutile del paziente, che rimane tutta la notte in OBI (osservazione “breve” intensiva) fino alle 7.30 del giorno dopo, quando viene dimesso con diagnosi di “dolore toracico non specificato”.

I QUESITI – A questo punto poniamo alcune domande al direttore generale della Asl, Vito Montanaro, e al direttore del pronto soccorso, Antonio Dibello, in modo da capire una volta per tutte se l’ospedale Perinei sia un’eccellenza come dicono, oppure una grande incompiuta, con o senza angiografo. Perché un dolore toracico in un soggetto cardiopatico viene triagiato come “codice verde”? Perché non viene subito predisposto il controllo seriato dell’enzimatica cardiaca? Perché non viene effettuata una radiografia del torace? Perché non viene richiesta in tempi brevi una consulenza specialistica, dato che il paziente rimane ben cinque ore in pronto soccorso, senza essere nemmeno visitato? A sostenerlo non siamo noi, ma ciò che c’è scritto sulla relazione. Perché al paziente viene somministrata eparina? Perché dalle ore 20.00 alle 23.00 vengono dosate ben tre troponine? Perché non si evince un ultimo controllo ecg dalla relazione? Come si fa a definirsi OBI, un’osservazione che dura 16 ore?

CONCLUSIONI – Non riusciamo proprio a capire come si possa definire l’ospedale della Murgia un’eccellenza. Ciò che bisognerebbe dire alla gente del territorio, per quanto altro tempo ancora i medici del 118 saranno costretti a sobbarcarsi i delicati trasporti dei pazienti infartuati al Miulli di Acquaviva, o in uno degli attrezzati ospedali baresi.