La splendida e lucente macchina da guerra che il Governo ha appena regalato al suo fido liquidatore Francesco Rocca non ha fatto in tempo ad uscire dai box che è rimasta senza benzina. I rubinetti sono chiusi e soltanto i dipendenti che hanno aperto un conto presso l’Istituto bancario tesoriere, cioè BNL Paribas, hanno avuto, seppure con ritardo, l’accredito dello stipendio di gennaio. Il cedolino, già visibile sui sistemi di trasmissione elettronica dei documenti retributivi, è rimasto un pezzo di carta per la stragrande maggioranza dei dipendenti.
L’avviso della Tesoreria dello Stato raccontava che gli emolumenti retributivi erano disponibili dal 22 gennaio, venerdì scorso. Ad oggi nulla si è visto. Carta, solo carta, anche la circolare emessa dal Capo Dipartimento Paccapelo, che ha vergato poche righe per raccontare ai sindacati che entro l’altro ieri tutti sarebbero stati pagati ed è stata smentita dai fatti. Poi pagati di cosa? Si tratta dello stipendio base, perché il famoso incentivo, l’elemento aggiuntivo della retribuzione sul quale ormai in molti hanno contato, potrebbe seguire le stesse sorti dello stipendio.
Le famiglie sono in difficoltà, le rate scadono, le bollette sono in mora e con l’incertezza sul futuro dell’ente anche gli Istituti bancari, concedono anticipazioni personali sullo stipendio già maturato ma non incassato con estrema difficoltà ed a costi elevatissimi. I dipendenti che ci hanno scritto raccontano di banche che non fanno più sconfinare e di mucchi di piccoli debiti da saldare.
Il problema non sono solo gli stipendi, mancano anche i TFR, le liquidazioni sia dei dipendenti licenziati che di quelli che dovrebbero essere trasferiti in regime di mobilità esterna. Gli enti che dovrebbero accoglierli pretendono che il TFR maturato da ognuno sia reso loro disponibile, per evitare poi scompensi di cassa quando questi, per qualsiasi ragione, dovessero uscire dal sistema lavorativo. I paradossi della nuova Cri, che della vecchia pare aver ereditato solo il peggio, non finiscono qui.
Da una parte bastona e tiene sotto il tacco i propri dipendenti, va a caccia di streghe dentro gli uffici centrali e periferici, attiva l’ufficio disciplinare per un nonnulla. La stessa Croce Rossa che non paga gli stipendi ai propri dipendenti e che li sottopone a continue vessazioni aiuta invece i lavoratori di Gela con tende e pasti caldi, quei lavoratori che come quelli di Cri che non percepiscono stipendi, vengono licenziati e sostituiti da contrattisti chiamati per “intuitus personae”, per dirla in maniera un po’ elegante.
Insomma, la solita storia, due pesi e due misure. Quello che sorprende noi cronisti, abituati a vedere queste cose in ambiti meno foderati di principi umanitari, è che proprio le persone più colpite da chi continua a tenere presso di sè collaboratori pagati profumatamente lo scorso anno, con contratti ad personam scaduti e che continuano a gironzolare per via Toscana in attesa della prossima infornata mentre centinaia di famiglie, anche monoreddito, non possono pagare più nulla.
Non si ribellano a questo stato di cose e continuano a puntellare una struttura dedicata ormai soltanto a quel processo di spoliazione che voi continuate a chiamare privatizzazione.