“Se non cencelli il pezzo so io come finire sui giornali”. L’interlocutore dall’altro capo del telefono non ha difficoltà a presentarsi anzi, è una mia vecchia conoscenza. Gli chiedo se quella, come penso, sia una minaccia. La risposta è inequivocabile. “Non ne faccio minacce dirette”, per quelle indirette nessuna remora. Da quel momento il silenzio. Non hai tempo di piagnucolare, lo mandi a fanculo e chiudi la conversazione.

L’uomo è parente del protagonista di un fatto di cronaca come tanti. Un fatto pubblicato da almeno altre dieci testate giornalistiche, non solo baresi, perché il reato si è consumato lontano da qui. Il fatto che sia stato condiviso su Facebook dal Quotidiano Italiano Bari, però, è la scintilla. La colpa non è il crimine stesso, ma la pubblicazione della notizia e la successiva condivisione sui social network. In sostanza il nostro pane quotidiano.

Dirette, indirette, velate e pesanti, telefoniche e personali, ormai le minacce non si contano più, esattamente come le querele. Rimarrà deluso chi pensava e chiedeva un rientro col botto. Riparto da dove non avevo mai interrotto, dal mio lavoro. In questi due mesi abbiamo fatto registrare il recor di visualizzazioni del Quotidiano Italiano. Una soddisfazione, perché vuol dire che il giornale cammina con le sue gambe.

Ho visto servizi e letto pezzi molto più riprovevoli di quelli che hanno portato alla mia sospensione, tanto da avvalorare la tesi dei lettori più affezionati. Io resto del parere che chi fa può sbagliare, ma soprattutto deve avere il coraggio delle proprie azioni. Quello non mi, ci è mai mancato e non mancherà, fino a quando continueremo a fare questo maledetto mestiere. Non si sa fino a quando.