In principio era l’operaio. Che brandisse una biella o azionasse una spoletta meccanica, era un uomo o una donna che si guadagnava il pane. Se non veniva pagato incrociava le braccia e “rompeva i maroni alla direzione”. Quando le fabbriche erano piene di operai, gli operai erano la fabbrica e lottavano per i propri diritti anche a rischio di far chiudere bottega.

Poi l’industria cambiò l’operaio. Un lavoratore, certo. Una Tuta Blu, nobile. Una unità, una risorsa umana. Le teorie dell’organizzazione aziendale hanno cominciato a considerare quelli che un tempo erano stati operai, non più come uomini ma, prima elementi umani nell’inventario aziendale, al pari delle macchine o degli immobili, poi sempre più come elementi necessari allo svolgimento di un lavoro, numeri. Fino a spostare lo sguardo dall’uomo al suo compito. Dall’operaio al posto di lavoro. Dal personale di fabbrica all’impersonale figura lavorativa.

Al tempo della crisi, tra mobilità, cassa integrazione e tagli, il rischio maggiore è quello di ridurre posti di lavoro e non più licenziare operai, quasi come se, depennando sulla carta una postazione, si potesse eliminare il senso di colpa di aver rovinato la vita di un uomo. La catena di montaggio è spersonalizzante e la paura maggiore dei sindacati è proprio che, in questa opera di convincimento di non essere più operai ma poco più che segnaposti per un incarico, davanti a politiche che non garantiscono più la sicurezza di un posto di lavoro, si passi da una naturale sfiducia a una patologica e invalidante rassegnazione.

Una paura esplicitata da Saverio Gramegna, nuovo segretario generale Fiom Cgil Bari. La storia ci insegna che, in tempi di assenza totale di tutele, gli operai disperati lottarono per ottenere dei diritti; quando quei diritti vennero calpestati dagli abusi datoriali, i lavoratori sfiduciati lottarano perché venissero rispettati. Ora, che i lavoratori hanno ceduto il passo alle risorse umane, in tempi di crisi, una unità lavorativa rassegnata non lotta più.

Buon Primo Maggio di lotta a tutti.

In anteprima video, Foto: “Il quarto Coso”, di Andrea Macis, nel progetto fotografico “Il mondo di Coso