Coordinati dall’indomabile, quanto assolutamente inrottamabile, Stefano Bianco,  gli  animatori del Corsivo e del comitato  Giustizia e Libertà si sono incontrati per  riflettere,  dopo la sentenza della Corte Europea di Giustizia, sull’edilizia giudiziaria a Bari.

Dopo una brevissima introduzione di Stefano Bianco, che ha ricordato i dibattiti organizzati dieci anni prima in quella stessa sala dal Corsivo, “dieci anni persi”,  ha preso la parola l’architetto Arturo Cucciolla.

Non lo ascoltavo da tempo (mea culpa): non ha perso una sola tacca dello smalto che contraddistingue da sempre le sue relazioni. Chiaro, immediato, come tutti coloro che hanno le idee chiare ed il vivo desiderio di comunicarle. Un autentico maestro. Ha messo a confronto due documenti editi dal comune nel 2007 a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro. Da un lato la relazione congiunta di Comune, Provincia di Bari e Regione Puglia sulla questione, dall’altra la successiva ipotesi tecnica del Comune (a firma dei dirigenti comunali  Cuccurullo e Nitti) che indicavano tre soluzioni, dal trasferimento del tutto in area Fiera o ex-Stanic, o a Marisabella, al recupero nel quartiere Libertà di edifici abbandonati e non utilizzati, quali il Nautico, e diversi altri. Cucciolla non ha certo nascosto la sua propensione per la terza ipotesi, quella che chiameremo di edilizia giudiziaria diffusa, ovvero mantenimento delle strutture giudiziarie nel quartiere Libertà, incrementando da un lato le strutture necessarie al buon funzionamento della giustizia. Si recupererebbero  edifici pubblici di immenso valore architettonico, come l’ex istituto nautico, e soprattutto un quartiere  già di per se a rischio non subirebbe ulteriori abbandoni pericolosissimi sul piano sociale. Cucciolla ha sottolineato che nelle ipotesi tecniche pubbliche non compare minimamente l’area individuata da Pizzarotti per la realizzazione della Cittadella della Giustizia.

Cucciola aveva precisato in apertura che si dovrebbe parlare congiuntamente anche di strutture carcerarie, dal momento che il Ministero di Grazia e Giustizia fin dal 2006 si era dichiarato disponibile a finanziare la costruzione di un nuovo carcere a Bari.

E’ seguita la relazione del giornalista Nicola Signorile, da sempre impegnato su questo tema, che ha precisato e sintetizzato i contenuti della sentenza della Corte Europea. Ritenuto he quel concorso di idee e annessa progettazione del Pizzarotti, in realtà sarebbe stato un appalto (mascherato?) in violazione della normativa europea vincolante in materia, tanto premesso rinviava al Consiglio di Stato per le decisioni di legittimità e di merito.

In prosieguo della relazione si è trovato sulla stessa lunghezza d’onda di Cucciola. Stessa propensione per la cosiddetta edilizia giudiziaria diffusa, l’arcipelago, sottolineando peraltro la brillante intuizione di Cucciolla che vedrebbe che la rete di edifici giudiziari fosse supportata da ampi parcheggi e da aree pedonali percorribili velocemente a piedi o con mezzi pubblici appositi. Peccato che Decaro non ci fosse, in quella materia è praticamente insuperabile.

Al terzo relatore l’avvocato Roberto Carbone è toccato affrontare qualche approfondimento sullo stato dei giudizi pendenti dinanzi al  Consiglio di Stato e la relazione con la sentenza della Corte Europea.

Antipatica a mio avviso una annotazione del Carbone sull’aggravamento dei problemi del quartiere a seguito dell’acquisto di diversi immobili ad opera di immigrati. Forse non ho capito bene, ma mi è apparsa una dichiarazione vagamente razzista.

E’ seguito un preciso e puntualissimo intervento di Giusi Servodio, che ha ribadito come la sentenza della Corte Europea rimetta totalmente in discussione la soluzione cittadella della giustizia. La parola deve tornare ai cittadini, il quartiere libertà non può e non deve essere abbandonato a se stesso ed al già pesante disagio sociale. L’arcipelago della giustizia al Libertà è una soluzione di trasparenza e di rispetto del territorio, principi, per l’on.le Servodio, assolutamente inalienabili. Soluzione per la quale, ha ricordato Stefano Bianco si battettero a suo tempo le onorevoli Giusi Servodio e Celeste Nardini.

E’seguito un ampio dibattito, con interventi tutti qualificati. Particolarmente incisivo quello dell’ing. Coniglio, già dirigente del Comune di Bari. Da registrare anche la posizione unica  pro soluzione Pizzarotti, una cementificazione, secondo molti “selvaggia” di un’area agricola su cui far sorgere palazzo di giustizia , carcere , con tanto di palazzoni uffici per studi legali e consulenti annessi, nonché ville ad uso abitativo per magistrati, avvocati. Ovviamente i canoni locativi a carico del Comune sarebbero stati largamente remunerativi.

L’ultimo intervento, sollecitato da Stefano Bianco, è stato quello di  Salvatore Tatarella. Mi ha lasciato, francamente annichilito. Ha esordito riferendo che, allorchè Simone Di Cagno Abbrescia, sindaco di Bari all’epoca dei fatti, fece adottare per primo la cosiddetta soluzione Pizzarotti, egli stesso si sarebbe recato in Comune per chiedere spiegazioni su una soluzione ritenuta dispendiosissima ed impopolare. Simone Di Cagno Abbrescia  gli avrebbe risposto: “Che vuoi che facessi, il Presidente della Corte di Appello, me lo chiesto diverse volte, praticamente me lo ha ingiunto. Vuoi che mi metta contro di lui?”.

Chapeau. Una dichiarazione che va ben oltre il coraggio. Soprattutto oggi che Salvatore Tatarella non è più parlamentare europeo, e, pertanto, se non erro, non più coperto da immunità parlamentare.

Così come va confermata una mia affermazione di molti anni fa: durante la campagna elettorale partiti e candidati sono prodighi di comunicazioni, convegni, dibattiti fino alla nausea. Subito dopo scende la cortina del silenzio. Il Corsivo di Stefano Bianco è una delle splendide eccezioni a questa regola, a dimostrazione che la Politica la si può fare anche per passione.

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