“Assolto perché il fatto non sussiste”. La sentenza di assoluzione con formula piena, emessa da giudice Stefania De Angelis del Tribunale di Brindisi nei confronti di un presunto ex marito violento, dovrebbe rappresentare di per sé una pietra tombale sulla faccenda. A maggior ragione se lo stesso magistrato scrive che la donna “non appare pienamente attendibile, atteso che le sue dichiarazioni sono state smentite dai testimoni”.

E come se non bastasse, al momento dell’assoluzione, lo stesso pubblico ministero ha evidenziato come non vi fossero “elementi idonei a formulare un giudizio di responsabilità”. Il procedimento era conseguenza di una denuncia presentata il 31 dicembre del 2015 ai Carabinieri di Fasano dalla ex moglie dell’imputato, assolto per la seconda volta l’11 ottobre, sempre perché il fatto non sussiste.

Verrebbe da pensare alla fine di un incubo, ma invece l’uomo continua a patire. Protagonista della vicenda è un imprenditore che resta ai domiciliari da luglio scorso per aver patteggiato la pena come conseguenza della prima della serie di denunce presentate dalla ex moglie. Un patteggiamento deciso nel 2015 per avere la pena sospesa e quindi tornare alla propria esistenza. Le cose, però, non sono andate come l’imprenditore sperava, molto probabilmente perché c’è ancora la separazione di mezzo. Nella querela che ha portato all’assoluzione del 5 ottobre, la donna aveva dichiarato di non aver ricevuto minacce ed aggressioni dopo l’emissione della sentenza di patteggiamento, almeno fino al 30 agosto del 2015, data in cui l’ex marito, ormai messo all’angolo, aveva chiesto con insistenza di vedere i propri figli, di 8 e 3 anni.

La faccenda solleva una questione particolarmente sentita, da molti considerata l’altra faccia dello stalking e del femminicidio: l’eccesso di denuncia, spesso animato da rancori personali a causa della fine rovinosa del rapporto di coppia, con figli e patrimonio in bilico.

Sia chiaro, condanniamo qualsiasi forma di violenza, ma in simili contese, quelle in cui i figli restano la parte più debole, non bisognerebbe farsi condizionare da luoghi comuni e facili conclusioni. È innegabile che le pressanti denunce della ex moglie – che adesso viene giudicata poco attendibile – abbiano messo in cattiva luce il marito, persona nota nel suo paese, pregiudicandogli in parte anche l’attività lavorativa. L’imprenditore, assistito dagli avvocati Nicola Quaranta, del Foro di Bari e Mario Guagliani del Foro di Brindisi, si sente perseguitato e chiede, anche alla luce di quanto emerso dal processo appena concluso, di riavere la propria vita.