È meraviglioso vedere che i vertici di Croce Rossa Italiana, l’associazione di volontariato più grande d’Italia, passano i giorni festivi facendo battutine e dilettandosi nella “caccia all’intruso”. Meno divertente è accogliere e raccogliere le fondate preoccupazioni che ci vengono trasmesse da molti volontari in tutto il territorio nazionale.

Questi vengono utilizzati, ormai in ogni provincia, allo scopo di gestire per conto della Cri l’accoglienza di migranti e transitanti su disposizione e dietro pagamento delle varie Prefetture nazionali. Entrano in contatto quindi con queste persone, contatto morale ma soprattutto fisico. Da qui le preoccupazioni dei tanti volontari che sanno bene come difendersi dalla scabbia, ormai una delle più grandi conseguenze delle condizioni igienico sanitarie nelle quali queste persone vengono tenute, ma che nulla possono fare contro nemici più insidiosi.

I volontari chiedono protezione, chiedono di avere la necessaria copertura vaccinale e un servizio di medicina preventiva che sarebbe anche disposto dai vari levantini regolamenti di Croce Rossa ma che i Presidenti non riescono a far eseguire perché mancano loro i fondi necessari. Allo stesso modo i volontari più in contatto con queste sfortunate persone vorrebbero potersi controllare, eseguire per esempio il test Mantoux o il test Quantiferon, per poter verificare se esista la possibilità di infezione tubercolare latente, magari eseguendo un test di controllo iniziale, prima di essere immessi in servizio, e poi dei test di controllo periodici.

Alcuni volontari se li fanno prescrivere dai loro medici di base, magari assieme ad una profilassi vaccinale elementare e forse non adeguata ai relativi impieghi, ma pensano così di riuscire a salvaguardarsi. Eppure i fondi ci sono, perché i soldi che le Prefetture versano a Cri sono tanti, decine di milioni di euro. Non passa giorno che non leggiamo sui giornali di sopralluoghi congiunti tra Prefetti ed associazioni per verificare le capacità di accoglienza di siti vari, e nelle foto vediamo sempre ragazzi vestiti di rosso.

Però ci permettiamo di rivolgere agli allegri e ridacchianti vertici Cri tre fondamentali domande più una. Perché non sottoporre ad adeguata protezione sanitaria il personale impiegato in quella che ormai sta divenendo la primaria fonte di reddito per la Croce Rossa Italiana, quel reddito che serve per mandare avanti il Circo e retribuire lautamente domatori e ballerine? Che fine fanno i milioni di euro introitati ogni anno? Che bisogno ha Croce Rossa Italiana di realizzare ATI, associazioni temporanee di imprese, con altre associazioni, che in virtù della loro natura giuridica non sono soggette alla pubblicazione dei bilanci? Perché continuate a chiamare questo stranissimo processo “privatizzazione” quando si tratta di una vera spoliazione del patrimonio?

La Croce Rossa è un’altra cosa e centocinquant’anni di impegno in favore dei più vulnerabili non possono essere parcheggiati su alcune doratissime poltrone. La salute dei volontari è un bene primario, ci batteremo affinché, disinteressati della tutela dei posti di lavoro degli storici dipendenti, i nuovi vertici di Cri almeno abbiano a cuore le persone, tante, che assicurano loro i ricchissimi emolumenti di cui si soddisfano.