Dopo la smobilitazione del perosnale, in questi giorni alle prese con le procedure di ricollocazione per una fase umiliante più che farraginosa, inizia la pulizia etnica. Umiliante soprattutto per quei dipendenti orgogliosi di servire la Croce Rossa. I volontari che ci scrivono dalla provincia di Roma si esprimono proprio in questi termini: “pulizia etnica” e denunciano vessazioni continue subite dalle crocerossine dell’Ispettorato locale di un comune importante della provincia. Comitato il cui presidente, uomo si dice molto vicino a Flavio Ronzi, più che all’invisibile presidente regionale De Nardis, starebbe letteralmente spogliando le Infermiere Volontarie della Cri, non solo delle loro prerogative ma anche dei loro stessi beni.

La lettera parla di armadietti forzati, insegne staccate dal muro e distintivi scollati dalla carrozzeria dell’auto di servizio, pagata con i soldi messi a disposizione delle crocerossine dal Ministero della Difesa e da giorni letteralmente cooptata a servire esclusivamente il Comitato Locale. Ci sarebbero persino alcuni scambi di messaggi su whatsapp inviati a volontari ormai nauseati da questa paradossale situazione. La poltrona dell’ispettrice ora traballa e potrebbe addirittura subire uno sfratto. Intendiamo uno sfratto letteraledai locali della Croce Rossa.

La sua unica colpa sarebbe quella di essere un centro di costo per un Comitato che invece, con esempi illuminatissimi che provengono sia da via Ramazzini che da via Toscana, ha sempre speso a grandi mani senza pensarci mai troppo ed ora si starebbe preparando ad entrare nel business dell’accoglienza degli immigrati, in una struttura messa a disposizione dello stesso Comune. Liberarsi delle crocerossine potrebbe essere un’operazione che, se letta sotto un particolare aspetto, potrebbe far pensare alla necessità di non avere altri interlocutori seduti intorno al tavolo della gestione di quei contratti di assistenza, che il dottor Salvatore Buzzi, in questi giorni a processo per il suo tentativo di impossessarsi del malaffare romano, considerava più redditizi dello spaccio di stupefacenti.

La nostra è una lettura molto ardita, più consona se fatta in contesti diversi, che non vanno comunque sovrapposti all’associazione umanitaria più grande d’Italia, quella che in nome dei principi cinquantennali di unità, imparzialità, volontarietà, indipendenza, neutralità, universalità e soprattutto di umanità. Sta di fatto che siamo in un clima di smobilitazione e ci si prepara a far sopprimere d’ufficio la storica sede del Corpo delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana. Per fortuna c’è qualcuno che si comincia a stancare di questa politica che qualcuno continua a chiamare, se volete, privatizzazione.