La notte scorsa è stata confermata la chiusura dell’impianto P9t dello stabilimento LyondellBasell a Brindisi, suscitando profonda amarezza tra i 46 lavoratori coinvolti. La decisione ha generato incertezze per il futuro lavorativo di questi dipendenti, che si troveranno a dover affrontare la richiesta di cassa integrazione o la possibilità di spostarsi presso altri stabilimenti a partire dal prossimo mese di gennaio.

La scelta di chiudere l’impianto P9t è stata annunciata a settembre, e la sezione industriale coinvolta era dedicata alla produzione sperimentale su commissione per terzi, specializzandosi nella realizzazione di materiali per tessuti, imballaggi alimentari e altre applicazioni. La decisione è stata influenzata dal cambio dei vertici aziendali.

La chiusura dell’impianto P9t ha avuto luogo in anticipo rispetto alle aspettative, e i lavoratori si trovano ora a dover affrontare una situazione di incertezza per il proprio futuro professionale. Le sigle sindacali hanno avuto incontri con i vertici aziendali, ma non sono riuscite a evitare la chiusura e la conseguente perdita di posti di lavoro.

C’è ora preoccupazione per un possibile effetto domino che potrebbe coinvolgere anche l’altro impianto petrolchimico, il P2t. La trasversalità di alcuni lavoratori, impiegati in entrambi gli impianti, potrebbe generare complicazioni. La tensione è palpabile, e il rischio è che la chiusura dell’impianto P9t possa avere impatti sull’occupazione anche nell’impianto P2t.

Si prospetta la possibilità di spostamento dei lavoratori presso la sede Basell di Ferrara, ma questa soluzione solleva preoccupazioni tra i sindacati, che cercano di evitare il licenziamento dei dipendenti. L’azienda sembra orientata verso una visione incentrata sull’economia circolare e potrebbe concentrare le attività nei luoghi in cui già possiede impianti di cracking, favorendo altri paesi rispetto all’Italia, incluso Brindisi. La situazione rimane in evoluzione, e il futuro dei lavoratori è tutt’altro che certo.