“Mia figlia era affetta da un disturbo psicotico e il suo suicidio non ha niente a che vedere con quell’assurdo gioco di morte. Pretendiamo rispetto per un dolore senza fine”. Grida Antonia Ingravallo, la mamma della giovane vittima Vittoria Addante, la 27enne che l‘anno scorso si è suicidata lanciandosi sotto un treno nella stazione di Mola di Bari.

Tutta la famiglia, con una lettera inviata al nostro giornale, vuole fermare le insinuazioni sulla morte della giovane, legate a suo tempo, secondo alcune ipotesi investigative, al caso del blue whale.

Non bastava affrontare il dolore per la perdita della figlia, ma i genitori sono anche costretti a sopportare le “male lingue” del paese, di chi pensa che la giovane si sia suicidata per uno stupido gioco autolesionista nato in Russia e diffusosi a macchia d’olio in tutto il mondo tramite il web, che spinge i giovani a suicidarsi. Sono stati registrati, proprio nel periodo della morte di Vittoria, alcuni casi anche in Italia.

La mamma, stanca di questa situazione, ha voluto precisare che Vittoria da tempo era affetta da un disturbo psicotico con deliri di persecuzione. La famiglia, a seguito dei suoi intenti suicidari, aveva cercato in tutti i modi a starle vicina. dal 2016 era in cura presso un consultorio di Gioia del Colle gestito dall’Asl di Bari ed era seguita da una psicologa e da uno psichiatra.

La mamma in questo periodo ha avuto perplessità sulle cure specialistiche seguite dalla figlia e anche sul tipo di terapia farmacologica. Per questo motivo si è affidata allo Studio 3A, un gruppo di esperti nella valutazione di responsabilità per qualsiasi tipo di sinistro. Lo studio, dopo aver attentamente valutato la delicata vicenda ha presentato anche un esposto presso la Procura della Repubblica di Bari chiedendo all’Autorità Giudiziaria di accertare se i professionisti che hanno operato sul caso possano essere ritenuti in qualche modo colposamente responsabili del suo tragico epilogo, se questa morte annunciata potesse essere evitata.