L’esecuzione del decreto nasce all’interno di una più lunga operazione della Direzione Distrettuale Antimafia che, nel dicembre 2009, aveva portato all’arresto di 83 persone e a un primo sequestro di beni per oltre 220 milioni di euro. Sempre a dicembre, il Gruppo di Investigazione Criminalità Organizzata di Bari dava esecuzione al decreto con il quale si sequestrava preventivamente il patrimonio del Labellarte, indiziato di appartenere all’associazione mafiosa. Oggi, invece, i beni sono stati confiscati e acquisiti definitivamente dallo Stato.

Nei giorni scorsi ci sono stati altri importanti sequestri di beni mobili e immobili e di alcune società per un valore di 40 milioni di euro, riconducibili allo stesso clan, nelle persone di Flavio Abbaticchio, Francesco Calzolaio, Savino Loconte, Giovanni Palermiti, figlio del presunto boss Eugenio, detto “U gnor”, ex braccio destro di Savino Parisi del quartiere Japigia, Michelangelo Stramaglia, Marina Stramaglia, Anna Pietrantoni, Angelo Michele Stramaglia.

Questo  “passaggio di proprietà” nella confisca tra mafia e Stato è considerata un’importante misura per combattere la criminalità organizzata e avviene per la prima volta in Puglia, proprio in occasione della confisca dei beni di Labellarte. A consentirlo le recenti norme contenute nel pacchetto sicurezza nelle lotte alla mafia: la normativa consente l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale in forma slegata da quella personale (come è successo in questo caso con il sequestro preventivo), e la procedibilità, in caso di decesso del “proposto” (Labellarte è morto due anni fa) entro 5 anni dalla sua morte, anche nei confronti degli eredi o aventi causa.

Secondo le ricostruzioni degli investigatori, Labellarte avrebbe avuto un ruolo chiave: avvalendosi anche di “prestanomi” riciclava attraverso le sue imprese i guadagni illeciti del clan Parisi-Stramaglia, per l’urgenza tra il 2000 e il 2001 di convertire da lire a euro i loro capitali. Il tutto ad opera di una serie di imprese che reimmettevano sul mercato i capitali con l’acquisto di proprietà tra cui spiccava per grandiosità dell’impresa il “Centro Universitario Integrato”, pubblicizzato come “il più importante d’Italia”, capace di offrire 3.500 posti letto a studenti universitari fuori sede.

Sono in tutto 8.446 gli immobili confiscati in Italia, l’83 per cento nelle quattro regioni del Sud: Sicilia (43 per cento), Calabria, Campania e Puglia. Ma anche in Lombardia (7,2 per cento) e Lazio (3,9 per cento).

Dominga D’Alano