“Giovani o giovanissimi, con il casco sotto il braccio, in compagnia di un amico, spavaldi e senza il becco di un quattrino in tasca, di ogni ceto sociale”. A dipingere l’identikit dell’approfittatore seriale è un commerciante barese, da anni titolare di un negozio di calzature.

“Quella di venire a provare le scarpe da noi per valutare il numero da acquistare su internet – denuncia il negoziante – è diventata una costante. Se ne vanno tenendo in scacco i commessi anche per venti minuti, dicendo che non hanno abbastanza soldi in quel momento e che quindi ritorneranno oppure che il modello prescelto non li convince. La verità è che appena arrivano a casa si mettono al computer e comprano le stesse scarpe senza nemmeno doversi preoccupare dell’eventuale reso”. Un uso iniziato tra i più giovani, ma che adesso è in voga tra grandi e piccoli.

Per tanti ormai i negozi “sono i camerini di Amazon, e-bay, Zalando o altri colossi”. Del resto, una Nike air more uptempo 96, in quel negozio costa 170 euro, mentre se la acquisti su internet puoi risparmiare fino a 60 euro. Un affare, per tutti tranne che per i commercianti. “Se continua di questo passo – dice ancora l’imprenditore barese – anche le grosse catene avranno seri contraccolpi. Noi ormai siamo sempre sul filo. La difficoltà è evidente e potrei presto lasciare il settore per dedicarmi ad altro”.

La verità è che si possono fare tutte le vendite promozionali possibili, sconti, fuori tutto, saldi, ma le spese di gestione del locale, le tasse, i dipendenti, bisogna pagarli. Un paio di Nike air max 270, che paghi intorno ai 150 euro in negozio, puoi trovarle online a meno di 100 euro. Non c’è paragone. Un paio di Adidas continental 80 valgono 100 euro nel negozio, anche la metà su internet.

Gli esempi sono infiniti e non riguardano il solo settore delle calzature. Il declino del commercio tradizionale è inesorabile, come testimoniano i recenti dati sulla chiusura delle attività in Italia. “Bisogna trovare un modo per essere alternativi – conclude il commerciante -, ma ci vogliono altri soldi e soprattutto altre idee. Finora non siamo riusciti a cavare niente e mi fanno sorridere i leoni da tastiera convinti che per contrastare la concorrenza della rete e della grande distribuzione è sufficiente una svolta. Sì, ma quale”.

Il caso non è isolato. A settembre 2019 un commerciante del modenese decise di far pagare 10 euro la prova delle scarpe, un modo per far desistere le persone a provare gli articoli senza comprarli. Il caso fece scalpore, ma è l’esempio di come gli imprenditori cerchino in tutti modi di trovare una soluzione al declino.