Sulla questione dell’ex Ilva tornano a dividersi i sindacati e le aziende dell’indotto dello stabilimento. Queste ultime hanno dichiarato che lo sciopero e la manifestazione indetta a Roma per l’11 gennaio sarebbero del tutto fuori luogo. Francesco Brigati, segretario generale della Fiom Cgil, Davide Sperti, segretario generale della Uilm e Francesco Rizzo, esecutivo confederale Usb, hanno replicato definendo, invece, “inopportuno il modus operandi che porta ad affamare i dipendenti, schiacciati tra ritardi nel pagamento degli stipendi e preoccupazione per un futuro lavorativo sempre più incerto a causa anche di accordi con la multinazionale che hanno di fatto allungato i tempi di pagamento per le imprese scaricando sui lavoratori tale scelta”.

Insorgono i sindacati

I rappresentati sindacali hanno ribadito come sia “inopportuno atteggiamento di quelle imprese che da un lato rivendicano il pagamento delle fatture scadute per inadempienze da parte della multinazionale e dall’altra vorrebbero programmare il futuro della siderurgia con gli stessi che producono debiti e devastazione sociale”. I sindacati hanno confermato la mobilitazione, spiegando che sono previste anche “altre iniziative” che verranno presentate domani, 5 gennaio, in una conferenza stampa: “Siamo sempre più convinti della necessità di costruire un fronte comune per una giusta transizione ecologica e sociale per i lavoratori e la città che può avvenire esclusivamente attraverso l’intervento pubblico”.

Le parole di Rinaldo Melucci

“Sono certo che quel dissenso così grossolano dalla mobilitazione delle parti sociali non corrisponda alla sensibilità diffusa di Confindustria Taranto”, così si è espresso Rinaldo Melucci, sindaco e presidente della Provincia, nell’ultima nota ufficiale. “Come sono altrettanto convinto che – continua -, la resistenza del nostro territorio rispetto a certe ingiurie, rispetto a quel tipo di ricatti e rispetto alla mancanza di un progetto serio, rispettoso e duraturo, a fronte dei copiosi investimenti pubblici, faccia bene anche e soprattutto al futuro delle nostre imprese“.

“Qualcuno – spiega Melucci – pensa che senza rischi e pazienza si possano creare grandi imprese, partendo da una situazione complessa come quella di Taranto? Qualcuno è davvero persuaso che possa ArcelorMittal riscoprirsi all’improvviso interessato alla qualità della vita e al futuro dei tarantini? A quelle imprese che ora sono nel guado e confuse dico non arrendetevi, non scegliete la strada più agevole, non allontanatevi dal percorso della comunità ionica, non restate per paura ancorate al passato, non fate il gioco di chi ci vuole divisi per governarci a suo piacimento”.

Il primo cittadino tarantino ha affermato che bisogna “convertire tecnologicamente la produzione per abbandonare lo schema a basso costo e alto sacrificio ambientale e sanitario dell’area a caldo, aprirsi a fonti energetiche rinnovabili, ridurre il perimetro della fabbrica così invasivo verso la città e il porto, al punto da soffocare ogni altra iniziativa economica, avviare processi di decarbonizzazione e decomissioning bisognosi di tanta innovazione e tante ore lavoro”. Perché “chiedere allo Stato di guidare la svolta di Taranto, senza dare deleghe in bianco a un soggetto privato che ha dimostrato di comportarsi come un freddo speculatore”, non significa “deindustrializzare, ma si chiama diversificazione produttiva, in chiave sostenibile”.