Cappellino di lana in testa per riparasi dal freddo, fin quasi calato sugli occhi, giubbotto scuro, bottiglia di plastica con acqua e sapone in una mano, nell’altra la classica spazzola per lavare il parabrezza della auto, con tanto di manico lungo per agevolare l’operazione.

Incontriamo Alex una mattina al semaforo di via Capruzzi, quello che si passa emergendo dalla salita del sottovia Quintino Sella. Fermi, dietro le auto in coda, in attesa che scatti il verde per poter ripartire; quando arriva accanto al nostro finestrino gli allunghiamo qualche spicciolo e ne approfittiamo per scambiare due parole con lui.

“Ho 16 anni, vengo dalla Romania – ci dice – vivo in Italia da quando ne avevo 4, sono arrivato con i miei genitori. Prima stavamo a Molfetta, ora siamo al campo rom di Carbonara”.

Come i suoi coetanei, dovrebbe essere in classe, a studiare, e ad apprendere il necessario per costruirsi un futuro: “Ci sono andato – racconta – quando ero in Romania, ma da quando sono in Italia non mi hanno nemmeno iscritto. La scuola non mi da da mangiare”.

Poche parole, sibilline, il semaforo è ormai verde, la fila suona per incitare a muoversi, e Alex deve dare la caccia al prossimo vetro da pulire. Il tempo è denaro, e non può stare troppo a cincischiare su un solo parabrezza, altrimenti si va a letto senza cena.