foto di repertorio

“Non riusciamo più a trovare un solo infermiere che venga a casa ad effettuare il prelievo per il piano terapeutico del cumadin a nostra nonna”. A scrivere è una ragazza barese nei giorni caldi dell’inchiesta sui prelievi e le altre prestazioni a domicilio in nero. Servizi “offerti” a costi variabili tra i 10 e i 25 euro da alcuni infermieri del reparto di Emofilia del Policlinico di Bari, seppure la prassi sarebbe consolidata e riguarderebbe il personale in servizio anche in altri ospedali baresi, come il Di Venere e il San Paolo.

“Non abbiamo alternative – si legge ancora nella lettera – purtroppo tutti gli infermieri che conosciamo si stanno tirando indietro per paura di essere coinvolti nelle indagini. Neppure gli infermieri in pensione, che da sempre si occupavano delle prestazioni a domicilio, vogliono più farle. Hanno paura di compromettere ciò che si sono sudati nel corso della loro vita lavorativa”. Il problema è proprio questo. Le decine di infermieri dediti ad arrotondare stipendi e pensioni stanno scaricando i propri pazienti a domicilio senza andare troppo per il sottile.

Tutti sanno che se si dovesse andare fino in fondo, anche alla ricerca delle responsabilità di quanti pur potendo e dovendo, non sono mai intervenuti, il sistema sarebbe messo in ginocchio. “Vede, dopo quest’ultimo prelievo – dice ancora chi scrive – non sappiamo più a chi rivolgerci per la terapia a cui mia nonna dovrà essere sottoposta tra 26 giorni. E lei, le posso garantire, non può essere trasportata in un centro analisi o in un ospedale, neppure si trovassero a pochi metri da casa”.

Il nocciolo della faccenda è tutto qui. “Sappiamo che l’infermiere, ormai uno di famiglia – racconta la nipote preoccupata -, non indossava i guanti al momento del prelievo, oppure che le siringhe e tutto l’altro materiale finiva nel bidone dell’indifferenziato, magari era pure trafugato da qualche struttura pubblica, però è anche vero che persino negli ospedali i rifiuti pericolosi vengono lasciati alla portata di tutti, come voi stessi avete documentato. Questa storia va risolta e il prima possibile perché di mezzo, come al solito, ci vanno i più deboli. Non mi interessa quanto l’infermiere si sia arricchito nella sua vita, a noi serve solo qualcuno che venga a fare un prelievo a domicilio”.

Proprio così, questa storia, indipendentemente dall’indagine condotta da Guardia di Finanza e Carabinieri del Nas, dovrebbe essere subito discussa nelle sedi opportune, per non interrompere terapie e prestazioni fondamentali per tanta gente impossibilitata a provvedere diversamente.