Le cause intentante alla Fondazione Petruzzelli da macchinisti, coristi, tecnici e orchestrali erano fondate, al contrario di quanto affermato a giugno del 2012 dal commissario straordinario Carlo Fuortes, convinto non fosse necessario prevedere un accantonamento cospicuo per evitare di mandare il teatro gambe all’aria nel caso in cui i lavoratori avessero vinto.

La sentenza emessa oggi dal giudice della Sezione Lavoro del Tribunale di Bari, Assunta Napoliello, per molti versi è storica e potrebbe rappresentare un incredibile precedente. Il magistrato, detto in parole povere, reintegra i primi sei ex collaboratori: un corista e cinque tecnici. Tra questi ci sono Antonello Sallustio e Alessandro Nej, arrivati primo e secondo nell’ultima selezione pubblica per macchinisti; Felice Ceglie, idoneo all’ultima selezione per elettricisti e Davide Fioretti, anche lui risultato idoneo, ma come fonico.

La Napoliello ha sancito il “diritto alla prosecuzione del servizio con il medesimo inquadramento contrattuale, mansioni e trattamento economico-retributivo. Ne consegue altresì che il rapporto di lavoro tra le parti è tuttora sussistente”. I contratti sottoscritti dai lavoratori con la Fondazione, dunque, erano da considerarsi a tempo indeterminato fin dal momento della sottoscrizione. Cinque dei sei lavoratori sono iscritti alla Cgil, seguiti dall’avvocato Concetta Santochirico. Il rapporto di lavoro era viziato dalla mancanza della “causa giustificatrice”, in altre parole il motivo per cui la Fondazione aveva deciso di assumere a tempo determinato e non indeterminato. Non solo. Il magistrato ha accolto anche la tesi secondo cui quei contratti erano da ritenersi a tempo indeterminato perché il Petruzzelli all’epoca della sottoscrizione non aveva ancora redatto la valutazione di rischio, regolata dalle leggi 626 del 1994 e 81 del 2008.

Un duro colpo, non tanto perché qualcuno dei contratti è da ritenersi a tempo indeterminato fin dal 2007, quanto per le altre cause che gravano sulle povere casse dell’ente, a cui evidente non bastano 14 milioni di euro all’anno per una gestione oculata. L’ente, inoltre, è stato condannato a un risarcimento pari a tre mensilità per ciascun lavoratore e al pagamento delle spese legali.

La battaglia per il riconoscimento dei diritti è stata dura e impervia, costellata anche da pesanti bastoni messi tra le ruote della legalità. L’avvocato Santochirico, infatti, ha dovuto sollevare persino un’eccezione di incostituzionalità quando il Governo, con il Decreto del Fare aveva studiato una legge ad hoc per sancire l’impossibilità di trasformare i contratti da tempo determinato a tempo indeterminato. La Corte Costituzionale si era espressa con sentenza 260 del 2015, giudicando appunto incostituzionale l’articolo 40 comma 1 bis della legge 98 del 2013.

A maggio, dopo un rinvio d’ufficio, sempre il giudice Napoliello si esprimerà sulle sorti di altri lavoratori: gli orchestrali, che avevano impugnato allo stesso modo i contratti stipulati per la maggior parte ai tempi in cui presidente della Fondazione era Michele Emiliano, sovrintendente Giandomenico Vaccari, direttore del personale Daniela Tedesco e direttore amministrativo Vito Longo, arrestato con l’accusa di aver intascato mazzette per alcuni appalti.

“Ho bisogno di leggere la sentenza, la chiamo domattina”. Dall’altro capo del telefono c’è il sovrintendente della Fondazione Petruzzelli, Massimo Biscardi. La sentenza, sottolinea ancora una volta il fallimento della gestione Fuortes e l’attività amministrativa del ragionier Longo. Cosa succederà adesso per i lavoratori appena assunti attraverso il job act dopo aver sostenuto la selezione pubblica? Saranno licenziati per far posto a chi è rimasto ingiustamente a casa? La Fondazione farà ricorso? Sono tutti quesiti ai quali le tante persone coinvolte aspettano una risposta.

Sulla sentenza interviene anche il segretario generale della Cgil barese, Pino Gesmundo: “Dobbiamo leggere il dispositivo della sentenza. Esprimiamo comunque tutta la nostra soddisfazione. Abbiamo raggiunto un risultato che perseguivamo da tempo con l’unico strumento possibile che è quello della giustizia. Certo, i tempi sono lunghi e questi lavoratori si vedono riconosciuto un diritto dopo più di tre anni. Abbiamo sempre detto che non bisognava fare i concorsi. Piuttosto che risolverli, qualcuno i problemi li ha creati. Sono solo le prime sentenze, perché abbiamo impugnato decine di contratti. Confidiamo nella giustizia, ma ci rendiamo conto che adesso si aggiungono altri grattacapi. Vedremo insieme alla Fondazione come gestire la vicenda, perché rischiamo di avere il doppio dei lavoratori che meritano un’occupazione. Potremmo aver illuso gli uni e gli altri”.