Anche l’ex magistrato antimafia Gianrico Carofiglio stava per scivolare sulla più classica buccia di banana: l’apparenza. Carofiglio, chiamato dal sindaco Decaro a presiedere la Fondazione Petruzzelli per tentare di riavvicinare i privati all’ente, a metà luglio scorso non immaginava quanto un’occasione potesse fare ladro un uomo. Al pubblico ministero che chiedeva di raccontare delle conflittualità interne al teatro, infatti, il presidente della Fondazione, evidentemente ignaro di cosa accadesse sotto il proprio naso, parla del ragionier Vito Longo, descrivendolo: “Persona tecnicamente compentente e probabilmente desiderosa dei suoi spazi”.

In realtà, il direttore amministrativo della Fondazione i suoi spazi se li era già ritagliati da tempo, secondo quanto testimonierebbero le altre carte portate in Procura da Carofiglio, anche attraverso la società Diaghilev srl, della quale sino a fine dicembre, Longo risultava socio al 50% prima di cedere gratuitamente la propria quota ad una terza persona. Non solo. In quell’afoso luglio il presidente del Petruzzelli, ancora abbagliato, parlava del suo lavoro al fianco di Longo: “…Devo dire che ad ogni specifica richiesta risponde con molta puntualità”.

Siamo sempre più convinti che in assenza delle immagini esemplari di Longo che intasca le presunte mazzette – immagini divulgate come deterrente dalla Procura – del sistema di gestione degli appalti al Petruzzelli se ne sarebbe continuato a parlare solo nei corridoi. Per fortuna Carofiglio non resta abbagliato dal sovrintendente Massimo Biscardi, l’uomo che più di tutti ha contribuito a far circolare un’aria diversa, più serena, all’interno del teatro. Di Lui il presidente della Fondazione dice: “Mi pare abbastanza consapevole delle sue prerogative e intenzionato a farle rispettare. Dunque mi sembra che tenda a controllare con una certa puntualità il lavoro dei suoi collaboratori”.

Per fortuna Biscardi l’ha controllato, eccome se lo ha controllato, il lavoro dei suoi collaboratori. Ha pure rispolverato documenti ai quali fino ad allora non era stato possibile accedere, neppure quando a chiederli erano stati consiglieri comunali o addirittura la Commissione Trasparenza del Comune di Bari, uno dei soci fondatori che nelle casse del Petruzzelli ha riversato negli anni una grande quantità di denari pubblici, salvandolo quando ormai stava colando a picco dopo il fallimento di Fuortes, altro protagonista della vicenda non ancora chiamato a rispondere delle proprio responsabilità.