«Il Referente per la Comunicazione non è un mero esecutore materiale delle direttive impartite dal soggetto delegante, ma è titolare di ampia autonomia operativa e tecnico-discrezionale». È uno degli stralci delle “linee guida per le attività di informazione e mass media” della Croce Rossa, scritte dal pugliese Lucio Palazzo, giornalista e fino all’anno scorso capo ufficio stampa dell’ente. Palazzo, che ha percepito 66mila euro lordi per il periodo compreso tra l’8 febbraio e il 31 dicembre 2013 e 72mila euro lordi per l’anno 2014, si è immedesimato così tanto in quelle linee guida, che ha ritenuto opportuno far ereditare l’incarivo di capo ufficio stampa della Croce Rossa alla sua compagna.

I commenti e le fotografie su Facebook, lo stesso social network utilizzato dal presidente nazionale Francesco Rocca per annunciare, “divertito”, la querela al nostro giornale, lasciano pochi dubbi (Nella fotografia Palazzo e D’Amato in vacanza a Castellaneta (TA) con al centro Vasco Rossi). Comprendiamo perfettamente la difficoltà di rinunciare a un così lauto compenso per portare avanti la baracca, ma da ridere nelle storiacce della Croce Rossa che documentiamo ormai quotidianamente, non c’è proprio niente.

Scavando scavando, scopriamo che la nuova responsbile dell’ufficio stampa (evidentemente Palazzo ha trovato altro di meglio da fare), è la 41enne Letizia D’Amato. La nomina è arrivata con una determina dirigenziale del Servizio reclutamento organizzazione e sviluppo professionale (la numero 33 del 2 marzo 2015), per un importo di 60mila euro lordi l’anno. Dato il rapporto di fiducia e il ruolo fondamentale nalla gestione della comunicazione attribuito al capo ufficio stampa della Croce Rossa, ci saremmo aspettati che l’incarico fosse stato assegnato direttamente dal presidente, con una sua ordinanza, ma quelle devono essere affisse in tutte le sedi locali e quindi la cosa sarebbe stata scoperta prima.

L’ennesimo schiaffo “privato” in luogo pubblico a chi è costretto a sbarcare il lunario; a quanti ora passano il tempo a ciondolare e fino a qualche tempo fa salvavano vite umane a bordo delle ambulanze; a chi è costretto a fare centinaia di chilometri per raggiungere il nuovo luogo di lavoro in seguito ai sacrifici chiesti solo ad alcuni dipendenti e volontari. L’ennesima storia discutibile dell’avvenuta privatizzazione di fatto della Croce Rossa Italiana, proprio nel bel mezzo dello scandalo sugli appalti delle grandi opere, anche queste sottratte alla gestione pubblica. Odiosi benefit e privilegi diventati ormai intollerabili. Certo, questo tipo di avvicendamento alla guida dell’ufficio stampa dell’ente potrebbe non essere un illecito ma, da qualunque prospettiva la si guardi, resta una decisione molto discutibile.

Dal sito internet dell’ente, nalla categoria “vision e mission”, si legge: “Gli Obiettivi strategici 2020 della Croce Rossa Italiana sono basati sull’analisi delle necessità e delle vulnerabilità delle comunità che quotidianamente serviamo e sono ispirati ai nostri Principi Fondamentali e Valori Umanitari”.

Speriamo che entro il 2020 il Presidente del Consiglio Renzi, la parte sana della Croce Rossa, le istituzioni e la politica si accorgano che una delle comunità più vulnerabili è proprio quella della Croce Rossa Italiana.