Niente più sparatorie, niente più sangue ma spartizioni territoriali decise a tavolino. Era la stipula di un accordo pattuito nel 2009 tra i capi clan baresi.  Tre anni fa si incontrarono tutti in un’abitazione del quartiere Libertà, appartenente ad un esponente del clan Abbaticchio. Quella sera attorno ad un tavolino c’erano oltre agli Abbaticchio, i rappresentanti degli Strisciuglio,  i Diomede,  c’era Savino Parisi (che di lì a poco sarebbe finito in manette), c’era anche Giuseppe Mercante (scampato alla morte il 25 agosto scorso).

Erano tutti d’accordo: mentre cenavano decretavano le rispettive spartizioni territoriali, in modo da non colpirsi a vicenda, in modo da non spargere più sangue e non richiamare l’attenzione delle forze dell’ordine. L’accordo tra i clan è durato tre anni e poi è andato in frantumi. L’omicidio di Francesco Grimaldi, consumatosi a luglio scorso, primo assassinio dopo tre anni di “quiete”, ha riacceso la guerra tra i clan.

Così in due mesi a Bari sono stati quattro gli uomini uccisi, ci sono stati due tentati omicidi, il tutto condito da una serie di sparatorie che hanno allarmato fortemente la popolazione.

«Occorre una iniziativa non episodica e occasionale, ma capace di respiro e di lungimiranza che metta insieme tutti gli attori politici e istituzionali per reagire allo stillicidio di violenza e di morte che macchia la nostra regione– ha affermato il presidente Nichi Vendola – Ogni colpo di revolver colpisce una vittima predestinata, ma colpisce anche la libera convivenza e la democrazia: è come un sinistro messaggio che dice che sono tornati, che vogliono tornare, o che non sono mai andati via ».

Il presidente della Regione ha poi manifestato ai ministri dell’Interno, Giustizia e della Coesione territoriale di voler dar vita ad “un tavolo specifico su questo spinoso argomento, per mettere insieme tutte le informazioni e per coordinare azioni concrete che siano all’altezza della sfida mafiosa”.

19 settembre 2012

Antonietta Basile