“Se vuoi il mio posto, prenditi anche la mia disabilità”. In un mondo che gira nel verso giusto, i disabili dovrebbero parcheggiare nei posti loro riservati e i normodotati avrebbero il dovere, civile prima che legale, di lasciare l’auto altrove. Fare due passi d’altronde non ha mai fatto male a nessuno, allontana i cattivi pensieri e fa perdere qualche caloria. Ma l’incivile, si sa, perde il pelo non il vizio.

Quelle che sembrano briciole di banalità, spesso si dissolvono nel caos delle nostre giornate. Quando presi dalla fretta e dai mille impegni, azzeriamo i principi di sana convivenza civile, un parcheggio vale l’altro. Che sia destinato a qualcuno, per alcuni versi, meno fortunato di noi, poco importa.

La beffa è che tutto questo avvenga nel tempio della sanità pubblica, dove, a maggior ragione, un disabile dovrebbe vedere realizzati i propri diritti. Che si tratti di dipendenti, ospiti, pazienti non c’è differenza, su sei macchine parcheggiate al Di Venere di Carbonara, nessuna ha il tagliandino. Noi torneremo a perlustrare la zona, chissà che la denuncia non abbia più successo dell’etica personale.