«Io credo che parlare di femminicidio sia importante e che abbia una differenza sostanziale (e non solo semantica) rispetto all’omicidio per motivi futili o in qualsiasi altro modo aggravato – ha spiegato Titti Potito, magistrato e membro della squadra – Qui, e con questo termine, si vuole contrastare una cultura che sembra essere passata dal volere a tutti i costi le donne in casa ad ucciderle perché in casa non ci vogliono stare, perché sono diventate sempre più esseri pensanti ed autonomi».

Il termine femminicidio, insomma, esprime la voglia di combattere l’idea di sottomissione della donna rispetto ai voleri dell’uomo, rappresenta il desiderio di contrastare una cultura atavica e animalesca che troppo spesso vede l’uomo manifestare violentemente la propria superiorità su madri, mogli ed ex fidanzate.

E se la risposta penale non basta, l’intento della campagna di sensibilizzazione partita dal Veneto e che sta facendo il giro d’Italia è quello di stimolare un percorso di riflessione profonda tanto su questa, quanto su qualsiasi altra forma di prevaricazione della vita umana, e infine un mutamento culturale che sia davvero tale.

L’iniziativa sui Social network:

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Twitter: #cimettolafaccia

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7 marzo 2013

Alessandra Morgese