Il Tar Puglia ha rigettato il ricorso contro l’esito delle ultime elezioni regionali presentato da otto associazioni femministe che contestavano “l’ammissione delle liste che non hanno osservato l’obbligo di composizione in un rapporto almeno del 60/40 tra i generi”.

Il ricorso chiedeva al Tar di sollevare la questione di legittimità costituzionale, chiamando in causa sei seggi di consiglieri eletti nelle liste di Forza Italia e Puglia Domani, formazioni che non hanno rispettato la proporzione 60/40 in tre delle sei circoscrizioni, Bari, Foggia e Lecce.

Per il Tar il ricorso è infondato. “Dalle norme costituzionali emerge l’affermazione di principi di ordine generale, la cui attuazione concreta è rimessa alla discrezionalità del legislatore ordinario. Il sistema di elezione degli organi regionali  – si legge nella sentenza del Tar – va ascritto alla competenza legislativa regionale concorrente. Non può essere, cioè, intesa nel senso di imporre nel dettaglio le modalità del rispetto delle cosiddette “quote rosa” nel sistema elettorale regionale.

I giudici, nel frattempo, hanno ammesso che nelle due liste incriminate non è stata rispettata la proporzione di genere tra le candidature. ” Tuttavia gli uffici elettorali hanno dovuto ammettere tali liste, a causa della mancata previsione nell’attuale legge regionale di un meccanismo che consenta di intervenire a monte. Di conseguenza, è rimasta la sproporzione tra i candidati di sesso diverso e non sono state garantite le effettive pari opportunità di partecipazione alle consultazioni. Fatto sta che non vi è alcuna norma, statale o regionale, che impedisca a quelle liste di partecipare alla competizione elettorale”. I due partiti sono chiamati a pagare solo una sanzione pecuniaria. Il Tar, infine, ha compensato le spese tra le parti, a motivo della particolare importanza del tema sollevato.

Il Tar inoltre ha respinto la richiesta di Senso civico e di Italia in Comune per chiedere di annullare il calcolo sul risultato delle liste. Sia le associazioni femminili, sia i ricorrenti di Senso civico hanno annunciato che ricorreranno in appello e si rivolgeranno al Consiglio di Stato.