Hanno un Ministro dell’Interno, un Ministro della Salute, avevano quello alle infrastrutture  e qualche sottosegretario, fra cui il leader pugliese Massimo Cassano, nel dicastero del Lavoro. In Puglia dovrebbero essere loro a guidare la coalizione di Centro destra alle regionali, fieri di un simbolo e di un partito che è riuscito da un lato a mandare Berlusconi a casa e dall’altro a sostenere un governo di “centrosinistra”, guidato da Matteo Renzi.

Dovevano essere lieti d’esserci, con un simbolo riconoscibile e un nome chiaro: loro il Nuovo centro destra italiano, che aveva interrotto la sequela del monopolio berlusconiano sulla rappresentanza dei “moderati” italiani. Specie in questo momento di chiarissima difficoltà di Forza Italia, con Raffaele Fitto che da tempo sta meditando più che una scissione, la creazione di una sua via alla leadership del partito fondato da Silvio Berlusconi.

E invece? Nulla di tutto ciò. Cassano e soci si accodano a Francesco Schittulli, o meglio, entrano direttamente nella lista di Schittulli, sentendosi così più “tutelati”. Perchè quello che conta è farsi eleggere, essere presenti in consiglio, con che programmi, con quali priorità,  non fa nulla, non è importante.

Queste regionali stanno segnando la fine della politica, che qualcuno chiama vecchia senza però dirci quale sia la nuova. La nuova potrebbe essere quella della democrazia senza popolo o del popolo senza rappresentanza. Perchè Massimo Cassano non può davvero credere che i diciottomila che l’hanno votato alle scorse regionali l’abbiano fatto solo per il suoi begli occhi o la sua straordinaria intelligenza. I suoi voti venivano soprattutto dall’essere appartenuto in origine allo Scudo Crociato, alla Democrazia Cristiana di cui suo suocero, Giuseppe Degennaro, è stato grande esponente per decenni.

Era un simbolo a farlo “grande” (oltre che il  matrimonio con la figlia di Giuseppe Degennaro). Era un partito a creargli l’elettorato. Ma oggi i partiti “non  esistono più”, neppure quelli che si autodefiniscono tali. Se ci fosse bisogno di una controprova di quanto sia davvero in crisi il concetto stesso di democrazia, in Puglia e non solo, qui ne abbiamo l’ulteriore conferma. E’ un leaderismo senza deleghe autentiche, una politica ridotta a pura prassi per esercitare un potere. Una patologia di cui il “centrosinistra” pugliese non è affatto immune e che rischia di generare un fenomeno astensionistico di massa: le regionali, si sa, sono le elezioni in cui il “voto di scambio” paga di meno.