Per mantenere un lavoro si è disposti a tutto, anche rinunciare al proprio posto per aderire ad un progetto dall’aspetto ambizioso. Questo è quello che hanno fatto 10 ex dipendenti della Fiera del Levante che, a causa della crisi economica dell’ente, hanno accettato di aderire al progetto presentato dal Consiglio di Amministrazione della Stardust, diventando di conseguenza dipendenti di questa società. Purtroppo però sono passati molti mesi e queste persone sono senza un lavoro e, ovviamente, senza uno stipendio, per colpa di un progetto finito nel dimenticatoio. Alla luce di tutto ciò, i 10 lavoratori hanno scritto una lettera per portare alla luce la loro situazione.

LA LETTERA

Avere fiducia, non sempre porta bene! Questa l’amara constatazione di dieci ex dipendenti della Fiera del Levante, di età compresa tra i 50 e 60 anni, che hanno creduto in un progetto e che oggi invece, vedono venir meno i loro diritti e costretti ad adire le vie legali, per il riconoscimento degli stessi.

Qui di seguito, gli sviluppi dell’incresciosa vicenda. A causa di una cattiva gestione della Fiera del Levante, attuata dai vari manager succedutisi, i bilanci della fiera subivano annualmente perdite consistenti. Nell’anno 2014, sotto la presidenza del Prof. Ugo Patroni Griffi, furono dichiarati gli esuberi del personale e, per evitare i licenziamenti, si ricorse al contratto di solidarietà.

Nello stesso anno, fu presentato dalla società Stardust S.r.l. un progetto per la realizzazione di un Centro Polifunzionale di Pubblico Spettacolo, all’interno del quartiere fieristico, progetto successivamente approvato dal C.d.A. dell’Ente, che avrebbe concesso uno sconto sui canoni di locazione dovuti, nel caso in cui la Stardust avesse assunto personale della Fiera. Per tale scopo fu indetta una selezione tra il personale e, dopo vari colloqui, in 10 risultarono idonei.

Nell’aprile 2015, fu redatto un accordo, sottoscritto anche dalle organizzazioni sindacali, per disciplinarne il trasferimento dall’Ente Fiera alla società predetta. L’accordo sottoscritto, il cui principio primo era la “salvaguardia dei livelli occupazionali”, prevedeva: assunzione entro il 31/12/2015, con la stessa retribuzione di fatto percepita in Fiera; indennità di disoccupazione NASPI di €.1.300,00 sino al 31/12/2015; corsi di formazione regionali con minimo rimborso, propedeutici alle nuove mansioni da svolgere, per un totale di €.2.000,00; differenze retributive tra le spettanze di fatto e quelle percepite (NASPI e corsi di formazione) da erogare come arretrati Clausola di salvaguardia per il rientro in Fiera, prevista solo in caso di licenziamento.

Condizione essenziale era la presentazione delle dimissioni dei 10 lavoratori, avvenuta il 31 maggio 2015, a cui fece seguito un’assunzione temporanea di 10 giorni, presso il cinema Armenise (in società per il Centro Polifunzionale di Pubblico Spettacolo). Amaramente gli ex lavoratori Fiera scoprirono che l’indennità di disoccupazione non sarebbe stata di €.1.300,00 (quello sarebbe il tetto massimo raggiungibile al lordo delle trattenute fiscali) e che, dopo 90 giorni l’importo si sarebbe ridotto del 3% mensile. Passabile anche questa decurtazione, in vista dell’assunzione al 31 dicembre 2015!

In realtà, il tutto nasceva sotto una cattiva stella, in quanto la disponibilità dell’area di cantiere destinata alla realizzazione del Centro, fu concessa dalla Fiera alla società, soltanto nel novembre 2015 e quindi, era assurdo pensare che l’assunzione potesse avvenire nei termini previsti dall’accordo.

Seguirono le legittime rimostranze dei lavoratori che, preoccupati per i notevoli ritardi, volevano rientrare in Fiera. Manco a parlarne! La Fiera li avrebbe reintegrati solo dopo licenziamento (come scritto nell’accordo) ma senza considerare, con deficit di buon senso, che quest’ultimo non poteva mai avere luogo visto che l’assunzione nel Centro non s’era concretizzata.

Mentre gli ex lavoratori pazientavano, fu stilato un altro verbale d’accordo, del quale essi furono informati dopo la sottoscrizione e nel quale, la data di assunzione veniva posticipata al 31/12/2016 e/o ad ultimazione dei lavori, con un riconoscimento da parte della Stardust di un’indennità economica, a parziale recupero degli arretrati maturati e ad integrazione della NASPI (che si era ridotta notevolmente). Pertanto, da gennaio a novembre 2016, gli ex lavoratori hanno percepito 250 euro mensili, mentre da dicembre 2016 a giugno 2017, 400 euro. A cominciare dalla primavera 2017, gli ex lavoratori fiera hanno cessato di percepire la Naspi.

Nel luglio 2017, per gli ulteriori ritardi intervenuti, la Stardust S.r.l. proponeva un nuovo accordo, nel quale veniva corrisposto un sussidio di 800 euro per 8 unità e 1.000 euro per 2 unità. Dette somme sono state erogate da luglio a settembre 2017.

Problemi irrisolti tra Fiera e Stardust hanno trasformato quelle ex risorse umane in “arma di ricatto”, in quanto dispoticamente, la Stardust ha deciso di sospendere l’erogazione delle integrazioni.

In definitiva, tutto questo ha pesato e pesa ancora, sulla pelle degli ex dipendenti che in buona fede, hanno accettato di aderire a quel progetto, guadagnando una perdita netta, al 31/12/2017, di circa 290.000 euro oltre ai contributi previdenziali non versati.

L’ente Fiera invece, con la fuoriuscita dei 10 lavoratori, ha goduto di una riduzione strutturale del costo del lavoro che, al 31/12/2017 superava il 1.500.000 euro, e che continua ad aumentare. Probabilmente la Fiera è costretta, secondo il contratto di locazione, a sottostare ad un simile ricatto, perché al momento non ha incassato alcun fitto, ha visto demolire un padiglione e, nel caso in cui annullasse il contratto, non ha garanzia per la ricostruzione dello stesso.

La società Stardust invece, risparmierà sui canoni di locazione 187.500 euro annui. Non si sta certo comodi nella posizione di ostaggi nelle mani di un imprenditore che forse, non ha le risorse economiche e finanziarie per portare avanti un progetto, per lui diventato faraonico.

I 10 lavoratori avevano un posto di lavoro, ma lo hanno barattato per il nulla, fidandosi della Fiera come garante e, quel nulla ha intaccato profondamente la loro dignità di lavoratori e di esseri umani.

Fessi, ingenui ad aver creduto nell’iniziativa privata tanto decantata come volano dell’Italia, ritrovandosi senza lavoro e di conseguenza, senza stipendi e avendo consumato nel frattempo, le poche risorse messe da parte in anni di lavoro e sacrifici. Incalcolabili poi, i danni a livello psicologico.

Intento di questa lettera è quello di richiedere un incontro con le istituzioni, in primis il Comune in qualità di socio maggioritario della Fiera del Levante, finalizzato alla sensibilizzazione per questa triste vicenda, di cui nessuno parla. L’auspicio è che vengano accertate le responsabilità, e che si ridia a quei lavoratori quanto sottratto, al fine di ridar loro e alle loro famiglie quella “dignità” perduta!