“Abbiamo chiuso una proroga del contratto, che era l’unica possibilità per garantire la produzione di acciaio, date le circostanze, i vincoli ambientali e di carattere giudiziario”. Così il ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti ha motivato la nuova proroga sull’ex Ilva di Taranto. Infatti, nella giornata del 31 maggio è stata firmata la proroga che darà a Invitalia altri due anni prima di raggiungere il 60% della proprietà dell’ex Ilva. La proroga si sarebbe resa necessaria non solo per l’esigenza da parte di Invitalia di reperire 680 milioni di euro, ma anche per il mancato dissequestro dell’area a caldo da parte della magistratura a seguito della richiesta dei commissari straordinari. In più, si attendono ancora le direttive dell’Autorizzazione Integrata Ambientale.

Quindi la situazione si riferisce agli accordi del 10 dicembre 2020. In questi accordi ora oggetto di proroga, nell’ex Ilva gli altoforni si dovevano sostituire con forni elettrici per ridurre le emissioni. Poi il denaro di Invitalia doveva servire per acquistare i locali adibiti alla produzione che ora sono a disposizione con un contratto di locazione. La proroga ha anche l’effetto di mantenere i dirigenti attualmente ai vertici, come Lucia Morselli Franco Bernabé“È impossibile reggere altri due anni in queste condizioni, con migliaia di lavoratori in cassa integrazione e una produzione al minimo ha commentato Rocco Palombella segretario generale della Uilm“(…) Il Governo dica chiaramente una volta per tutte quali sono le sue intenzioni sul futuro dei 15mila lavoratori diretti, indiretti e dell’Amministrazione Straordinaria”. Oltre a questo, la proroga mantiene il ruolo di primo piano di Arcelor Mittal su Acciaierie d’Italia.