L’accusa di Martino Scialpi è gravissima: “Sono state fatte carte false pur di non pagare il 13 al Totocalcio del primo novembre 1981”. La storia giudiziaria lunga 38 anni ha stabilito almeno due certezze, entrambe a sostegno della tesi dell’indomito giocatore. Da ormai una settimana è attesa l’ennesima sentenza, una specie di bivio. Fosse favorevole a Scialpi si dovrebbe procedere a stabilire l’autenticità delle carte prodotte del Coni anche sotto il profilo civilistico, dopo i pronunciamenti in sede penale. Un fatto non da poco, soprattutto per la difesa prodotta in tutti questi anni dal Coni e dalle persone coinvolte.

C’è innanzitutto un telegramma inviato domenica primo novembre 1981, che le Poste escludono possa essere mai stato inviato perché quel giorno era domenica, oltre che festivo. Ci sono poi le due dichiarazioni della titolare della ricevitoria dov’è stata giocata la schedina, risultata poi abusiva. Prima ha dichiarato lo smarrimento del tagliando, poi la sottrazione ad opera di terzi. Quest’ultima dichiarazione è stata usata dal Coni per accusare Martino Scialpi di aver fabbricato la schedina successivamente al concorso del primo novembre 1981. Circostanze smentite entrambi da una super perizia che ha stabilito l’autenticità della schedina numero 625SA77494, oltre che da una sentenza dalla quale si evince che non c’è stato né smarrimento né sottrazione.

Pur di non pagare il Coni continua a sostenere che la matrice e lo spoglio non siano mai pervenuti nel cosiddetto archivio corazzato del Totocalcio di Bari, ma questa prova del mancato arrivo non è mai stata prodotta in 38 anni di processi a Roma, Taranto, Bari e Perugia.

“Aspetto fiducioso la pubblicazione della sentenza della Corte d’Appello di Roma – spiega Scialpi -. Voglio capire se la querela di falso fatta per la produzione di alcuni documenti utilizzati e avallati dal Coni possa seguire una sua strada indipendente. Fosse così, sarà possibile accertare l’autenticità dei due unici documenti prodotti dal Coni. Documenti che già il Tribunale di Bari, nel procedimento penale 1900/99 ha stabilito essere falsi con incidente probatorio in contraddittorio, con doppia perizia grafolofica e merciologica. Dovesse essere accertato anche in sede civile l’utilizzo di documenti falsi, si aprirebbe uno scenario inquietante, ma sarà certamente più facile individuare gli eventuali responsabili del mancato pagamento di quella benedetta schedina. Chi mi ha rovinato la vita avrebbe un nome e un cognome. In ogni caso comunque non mi rassegno”.

In attesa della sentenza, Martino Scialpi rivolge ancora il suo appello al presidente del Coni, Giovanni Malagò. “Indipendentemente dalla sentenza chiedo al presidente di farsi portavoce dopo 38 anni della necessità di aprire una strada extragiudiziale per il riconoscimento del mio sacrosanto e legittimo diritto alla riscossione di quella vincita, ponendo così fine a una lotta per cui ho immolato la mia vita”.