“Per me si tratta di un bavaglio”. Infermiere a pieno titolo presso il 118 di Manduria, giornalista di cronaca fuori dall’orario di lavoro. Nazareno Dinoi, suo malgrado, questa volta è finito letteralmente dentro la notizia. La vicenda che lo vede contrapposto alla Asl di Taranto, sta in fatti conquistando le pagine dei quotidiani.

“Ho sempre scritto senza mai avere problemi di alcun tipo – ci ha raccontato a telefono – fino a quando il consigliere regionale Giuseppe Turco, a gennaio, ha presentato un esposto contro di me, secondo cui le due attività di infermiere e giornalista sono incompatibili. Da lì è partito un procedimento disciplinare, a marzo ho avuto la sospensione senza stipendio per un mese. La motivazione addotta dalla Asl è che io non potevo avere la partita iva, necessaria per documentare gli introiti della mia attività giornalistica. Ovviamente ho fatto opposizione e ne discuteremo davanti al Giudice del lavoro a novembre”.

“Adesso mi è arrivata un’altra contestazione. In sostanza -spiega – mi dicono che posso fare il giornalista, senza però trattare argomenti che riguardano la Asl, genericamente, senza entrare nello specifico; non mi dicono, per esempio, che non posso scrivere di malasanità. La cosa particolare, però, è che gli articoli oggetto della contestazione riguardano una vicenda di cronaca nota a tutti, l’omicidio di una signora al Pronto Soccorso dell’ospedale di Taranto commesso da uno squilibrato”.

“Nel primo pezzo riporto fedelmente degli estratti dai comunicati stampa del Sindaco, dell’Onorevole Vico e del consigliere Borraccino; nel secondo riporto una delibera pubblicata sul sito della Asl, accessibile da chiunque, per cui l’Azienda Sanitaria Locale si costituirà parte civile quando inizierà processo per il delitto della signora. Il 3 ottobre si riunirà la commissione di disciplina e mi aspetto che ci andranno con la mano pesante, parliamo di due contestazioni in breve tempo. Lo stesso contratto prevede l’inasprimento della pena”.

“Che tutto sia iniziato con l’esposto di Turco non lo dico io, lo scrive la stessa Asl nelle motivazioni del provvedimento di sospensione. Ora, non mi dicono che io non posso scrivere, cosa che tra l’altro non si può fare perché viola il diritto costituzionale della libertà d’espressione, però così passa il messaggio che non posso scrivere cose scomode a loro, ed è brutto”.