Riaprite il reparto di Psichiatria dell’ospedale Perinei di Altamura, ceduto alle necessità della pandemia. L’appello di Antonella Perrucci, infermiera di quel reparto, è solo la punta dell’iceberg. Troppo grande l’area murgiana per fare a meno di un presidio tanto importante, costringendo pazienti e operatori a giri infernali prima di trovare accoglienza, ammesso ci sia un posto. Con la pandemia aumentano anche i suicidi.

Pochi giorni fa una donna si è lanciata dal balcone di casa. È grave. Nello stesso territorio, solo nell’ultima settimana, ci sono stati altri due tentati suicidi. In due dei tre casi è stato necessario il ricovero. Un altro paziente è stato rimandato a casa dopo qualche punto e le cure del caso. Le esigenze aumentano, ma la risposta è sempre meno efficiente e tempestiva. Una disorganizzazione tale da poter persino compromettere l’assistenza sanitaria generale.

Martedì scorso è stato necessario soccorrere un paziente psichiatrico; portato al Perinei, gli è stato fatto il tampone prima che all’equipaggio del 118 intervenuto sul posto, fosse chiesta la “cortesia” di accompagnarlo a Monopoli. Pensate a quanto tempo l’ambulanza è state lontana dal territorio e quale sarebbe stata la sorte di un eventuale infartuato o un grave politraumatizzato in seguito a un incidente. Il giorno dell’accaduto non è un elemento trascurabile.

Perché il paziente è stato trasportato a Monopoli dopo il tampone, e non invece sottoposto a consulenza di uno specialista del centro di salute mentale, aperto il martedì pomeriggio? Fosse successo di non poter garantire il soccorso immediato, a causa del servizio radio taxi a cui spesso è ridotto il 118, di chi sarebbe stata la responsabilità? Ma soprattutto, è stato chiamato lo specialista del Csm o qualcuno ha deciso in autonomia di derubricare il 118 a trasporto secondario? Sì, perché una volta eseguito il tampone e fatta la consulenza al Perinei, il paziente sarebbe dovuto essere trasportato a Monopoli con un’ambulanza dell’ospedale, non certo con quella del servizio di emergenza-urgenza.

L’evento non è isolato. Due giorni fa un altro, l’ennesimo episodio. Protagonista un 20enne che voleva essere ricoverato in psichiatria. La postazione 118 di Gravina lo prende e lo porta al Perinei per il tampone. C’è da attendere, ma soprattutto, ricevuto l’esito, non si sa dove portarlo. Un ospedale non accetterebbe il tampone del Perinei, in un altro non ci sarebbe posto e allora dopo il solito, lungo tira e molla, l’ambulanza si dirige all’ospedale Di Venere a Bari, lasciando per ore e ore il territorio scoperto del presidio salvavita.

Gli episodi del genere non si contano più, noi stessi ne abbiamo raccontati una mezza dozzina e si tratta solo di quelli di cui siamo venuti a conoscenza. Per comprendere meglio il problema, però, è necessario fare qualche passo indietro e ripercorrere le modalità della chiusura “temporanea” della Psichiatria del Perinei, diciamo subito trasformato in una zona grigia per pazienti covid. Una zona che – secondo quanto ci viene riferito – avrebbe accolto una mezza dozzina di pazienti all’inizio della conversione. Reparto a quanto pare impiegato soprattutto per consentire un po’ di riposo al personale del pronto soccorso dell’ospedale. Notizie ovviamente da confermare, ma dai documenti se non altro si riesce facilmente a stabilire quanti pazienti covid positivi siano stati ricoverati nella ex Psichiatria.

Della questione a più riprese si è occupato in passato l’ex consigliere regionale e candidato alla presidenza della Regione Puglia, Mario Conca. Uno dei pochi ad aver acceso costantemente i riflettori su questa problematica e sulle tante magagne della sanità regionale. La questione della Psichiatria del Perinei non ci risulta sia mai stata oggetto di denunce o levate di scudi da parte dei vertici sanitari e della Asl di Bari. Ripercorrendo la storia di questa assurda vicenda, non si può non partire dal momento in cui alla Psichiatria del Perinei cambia il primario.

Un paio d’anni dopo, fonti sindacali fanno sapere che l’intento ultimo è quello di trasferire definitivamente reparto e personale dal Perinei all’ospedale San Paolo di Bari. Questo scrive anche Mario Conca nella sua denuncia pubblica, alla quale segue una raccolta firme per evirare di privare il territorio di quella specializzazione. Più o meno 500 le firme raccolte in quei giorni di fuoco. A fine ottobre scorso la Asl di Bari comunica la volontà di chiudere il reparto per convertirlo alle esigenze dettate dalla pandemia. Viene detto di non accettare più ricoveri.

Secondo quanto siamo venuti a sapere – notizia non confermata da fonti ufficiali – al presidio sarebbe stato detto: dividete la zona sporca da quella pulita o trasferiamo tutto al San Paolo. La presa di posizione del personale evita una prima chiusura della Psichiatria e quindi il 28 ottobre viene stabilito che l’unico Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, tra l’altro l’unico della Asl Bari accreditato a livello pugliese, debba essere il Perinei. Scelta dettata dal fatto che con 9 stanze a disposizione, il numero di posti letto potrebbe essere aumentato da 15 a 20.

A diventare reparto covid, dunque, sarebbe stata logicamente la Psichiatria di Putignano, essendo stato tutto l’ospedale riconvertito a covid hospital. La comunicazione arriva lo stesso giorno in cui Mario Conca mette il quadro in piazza, denunciando quali sarebbero state, a suo dire, le reali intenzioni della Asl. Coincidenze, bizzarre sì, ma pur sempre coincidenze. Dopo qualche giorno, quando le acque si sono calmate, viene comunicato il contrordine. Alla decisione c’è un minino di resistenza, ma poi, davanti al provvedimento messo nero su bianco, il personale non può fare altro che accelerare le dimissioni dei pazienti. L’ultimo turno notturno è quello del 4 novembre. Il giorno successivo le ultime dimissioni, poi tutto bloccato: la Psichiatria del Perinei diventa “zona grigia”.

Chiuso il fondamentale reparto, che fine fa il personale? Il silente primario sarebbe stato trasferito in una sede barese del Csm a fare certificazioni. E gli altri 6 colleghi? Tutti spostati in altri Servizi di igiene mentale a fare gli “sceriffi”. Tradotto, vuol dire con il compito di evitare il ricovero di pazienti psichiatrici o soggetti al trattamento sanitario obbligatorio (TSO) nell’unica Psichiatria rimasta aperta, quella di Putignano. In tanti si sono posti la domanda. Ma come, chiudi la Psichiatria al Perinei e mandi 7 medici a Monopoli, Acquaviva, Ruvo, Bari, invece di potenziare i Csm di Altamura e Gravina? Il diavolo, però, in qualche caso fa le pentole e pure i coperchi.

Qualche giorno dopo il trambusto succede una cosa kafkiana: al Pronto Soccorso di Altamura arriva un paziente che aveva tentato il suicidio. Chiamano giustamente il responsabile del Csm di Altamura, che in quel tempo è lo stesso di Gravina, e chiedono chi debba intervenire in quel caso. Il responsabile a questo punto allerta il responsabile del Distretto. L’ordine è quello che sia uno psichiatra del Csm a fare la consulenza, così arriva uno dei cosiddetti sceriffi da Acquaviva. Il medico lascia la sua sede e di dirige al Pronto Soccorso del Perinei, da dove, con un’ambulanza dell’ospedale, il paziente sarebbe dovuto essere trasferito nella Psichiatria di un altro ospedale.

Il problema è sempre lo stesso. Se l’equipaggio del 118 trasporta un paziente al Pronto Soccorso del Perinei, in orario di apertura del Centro di Salute Mentale, dovrebbe essere un medico di quell’ufficio a fare la consulenza. Non dovrebbe invece innescarsi il giro della Puglia per riuscire a trovare conforto. Lo abbiamo già detto, in quel caso l’ambulanza scopre il territorio. Nel caso di un mancato intervento in emergenza, chi ne risponde? In quella circostanza il responsabile del Dipartimento stabilisce che fino alla riapertura della Psichiatria del Perinei sia uno degli sceriffi a doversi staccare dai Csm di destinazione per andare a visitare i pazienti.

La decisione maldestramente attuata di chiudere la Psichiatria della Murgia ha generato una serie di altre questioni. Abbiamo evidenziato come l’SPDC aperto sia quello no covid di Putignano, dentro un ospedale completamente riconvertito per accogliere e curare pazienti covid positivi. La promessa è quella di ricavare una stanza all’interno di uno dei reparti in cui trattare il paziente psichiatrico covid. Una decina di giorni dopo, però, il reparto di Psichiatria di Putignano viene chiuso e quindi vengono bloccati i ricoveri perché uno dei pazienti è positivo. In quella circostanza si scopre che non esiste alcuna stanza dove lo psichiatrico positivo avrebbe potuto trascorrere il suo periodo di quarantena, assistito dal personale della Psichiatria. Un disastro.

La Psichiatria è una branca medica che ha necessità di multidisciplinarietà. In passato, per esempio, data la mancanza di un Pronto Soccorso, chiusero gli SPDC di Conversano e Triggiano. In questo modo, essendo il reparto di Psichiatria di Putignano no covid e l’intero ospedale covid, Pronto Soccorso compreso, quel reparto è esposto a rischi inenarrabili. Per fare l’esempio più grottesco, si può dire che se un paziente ha un attacco di panico e abita di fronte all’ospedale di Putignano, deve essere trasportato in un altro ospedale per sottoporsi al tampone e solo quando l’esito è negativo ritornare a Putignano per essere visitato da uno specialista ed eventualmente ricoverato. È capitato anche che TSO avviati alle 15 del pomeriggio fossero terminati intorno a mezzanotte, proprio a causa di questi giri incredibili, e assolutamente evitabili, se al primo posto fosse messo l’interesse pubblico.

Superati alcuni imbarazzi, l’Usppi è intervenuta pesantemente nei confronti della Asl, minacciando per il 18 o 19 gennaio 2021 un sit-in di protesta nel caso non fosse stata annunciata la data di riapertura della Psichiatria dell’ospedale Perinei. La risposta della Asl non è mancata e, a quanto pare, dal primo febbraio prossimo sarà avviata la procedura per la riattivazione del reparto. Staremo a vedere se tutte le proteste ed evidentemente i disservizi inutilmente generati alla popolazione, possano aver contribuito a rendere la decisione davvero “temporanea”, oppure se come tutte le cose all’italiana, all’ultimo momento qualcuno si rimangerà la parola data.