I giudici della Corte di Cassazione hanno stabilito che l’omicidio di Giuseppe Mizzi fu premeditato, e che l’operaio è una vittima di mafia. I giudici hanno infatti rigettato il ricorso presentato da Antonio Battista, boss del clan Di Cosola di Bari.

Battista, detenuto in carcere al 41 bis, fu il mandante dell’agguato nel quale perse la vita, per errore, l’operaio di Carbonara Giuseppe Mizzi, 38 anni, a pochi passi dalla sua abitazione. La condanna all’ergastolo per il boss barese è diventata definitiva.

Su Antonio Battista pesava già la sentenza irrevocabile della corte di Assise di Appello di Bari, per omicidio volontario, con doppia aggravante mafiosa, ovvero per il favoreggiamento di un clan e il metodo dell’uccisione di Mizzi. La Cassazione ha riconosciuto anche la premeditazione.

«Il primo che trovate», queste le parole del boss che sottolineano la premeditazione, dando l’ordine ai suoi di uccidere un uomo qualsiasi del clan rivale Striscuglio, pur di rispondere a un agguato subito. Quella sera i suoi uomini, Emanuele Fiorentino e Edoardo Bove, colpirono e uccisero l’operaio di Carbonara di Bari, scambiandolo per uno spacciatore.

Oltre al mandante, anche i due esecutori materiali sono stati condannati, rispettivamente a 20 anni e a 13 anni e 4 mesi di reclusione; con sentenza definitiva.

Ad assistere nel lungo processo i familiari della vittima, è stato l’avvocato Egidio Sarno.