“L’opposizione alla richiesta di archiviazione deve essere rigettata”. Così ha deciso il Giudice per le Indagini Preliminari Paola Angela Desantis in merito al procedimento contro il direttore del Quotidiano Italiano, Antonio Loconte, intentato da Stefano Rossi e Rosanna Indiveri. La vicenda è quella raccontata nell’articolo dell’8 ottobre 2018 intitolato “Puglia, graduatorie a comando in sanità: così i dg delle Asl agevolano mogli e amici”.

La vicenda, ricordiamo in sintesi per quanto possibile, è quella per cui, all’epoca dei fatti narrati, Rossana Indiveri, moglie del direttore generale della Asl Taranto e da poco assunta al Policlinico di Bari, venne trasferita per comando alla Asl di Lecce, senza che l’Azienda Sanitaria Locale in questione ne avesse fatto richiesta, avanzata invece dalla Indiveri. Tutto nero su bianco sulle delibere citate nel pezzo del Loconte.

“Va evidenziato – scrive il Gip – che per costante orientamento della giurisprudenza di Legittimità, in tema di diffamazione a mezzo stampa, il diritto di critica del giornalista non può essere svilito, limitandolo alla esposizione dei fatti e alla loro puntuale, esatta riproduzione, sicché non può negarsi al predetto il diritto di ricercare e di riferire al lettore legami, rapporti e relazioni, dirette o indirette, immediate o mediale, quando questi elementi risultino oggettivamente sussistenti”.

“Conseguentemente – prosegue – la relativa esimente, se postula una forma espositiva corretta, strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione, comunque non vieta finanche l’utilizzo di termini che, sebbene oggettivamente offensivi, siano insostituibili nella manifestazione del pensiero critico in quanto non hanno adeguati equivalenti e non richiede che la critica sia formulata con riferimento a precisi dati fattuali, purché il nucleo ed il profilo essenziale dei fatti non siano strumentalmente travisati e manipolati”.

Anche in questo caso, non eravamo e non siamo mossi da mire personali, ma dall’interesse della collettività e dalla equità di trattamento, soprattutto quando si tratta di enti pubblici. Non avendo detto falsità, né secondo il pm né tantomeno secondo il gip, ribadiamo il comportamento stigmatizzato nel testo, purtroppo non nuovo insieme ad altri al limite, consumati all’interno di enti e amministrazioni pubbliche.