Avrebbero dovuto raccontare quegli anni da incubo, segregati in una stalla, costretti alla fame e a lavorare per il loro aguzzino. Ma le presunte vittime non si sono presentate a processo per testimoniare. Sono così cadute tutte le accuse nei confronti di Marin Kostov Todorov, imputato per i reati di tratta di esseri umani e riduzione in schiavitù.

Il bulgaro, 44 anni, era accusato di aver organizzato il trasferimento in Italia, attraverso la Grecia, di alcuni connazionali, illudendoli con la promessa di un lavoro, ma in realtà costringendoli poi a mendicare per strada. Alle presunte vittime (sette quelle identificate nel corso delle indagini) l’uomo avrebbe chiesto a fine giornata un incasso minimo di 30 euro a testa per l’attività di accattonaggio in cambio di un würstel e acqua.

L’uomo, in carcere dal novembre 2014, Stando alle indagini della Squadra Mobile di Bari, coordinate dalla Procura, tra il maggio 2013 e l’aprile 2014, l’uomo avrebbe inoltre costretto i sette cittadini bulgari, quasi tutti disabili, a vivere in precarie condizioni igienico-sanitarie in un capannone dismesso nel quartiere Japigia di Bari, un tempo usato come stalla per i cavalli del boss Savinuccio Parisi.

In primo grado l’imputato era stato condannato dalla Corte di Assise di Bari alla pena di 7 anni di reclusione. I giudici dell’appello hanno accolto il ricorso dei difensori, gli avvocati Nicola Quaranta e Francesco Tenerelli, assolvendo da ogni accusa il 44enne e disponendone l’immediata scarcerazione dopo quasi tre anni in cella. Al centro della tesi difensiva, condivisa dai giudici, c’era la inutilizzabilità delle dichiarazioni rese durante le indagini dalle persone offese, le quali non hanno poi testimoniato nel processo perché resesi irreperibili.