Una folta chioma rappresenta per la donna un importante elemento di presentazione, ornamento indispensabile all’affermazione della propria bellezza, mentre nel maschio spesso si identifica con l’idea di virilità, potenza, benessere psicofisico. Oggi l’apparire conta più dell’essere (niente di nuovo sotto il sole: “… in Francia conta soltanto ciò che appare …” disse Monsieur de la Salle già nel 1754). Ciò spiga la quantità anche notevole di tempo e di denaro che, a prescindere da sesso, età, censo e stato sociale, si è disposti a spendere per la cura e la conservazione dei capelli. Problema che nasce praticamente con il genere umano. Infatti, nei papiri dell’antico Egitto già prima del III millennio a.c. sono riportate ricette per il loro trattamento (ricrescita, incanutimento, mantenimento, ecc., ma anche per provocarne la caduta “nell’odiata rivale”). Giulio Cesare tentava di occultare la calvizie dipingendo il cranio pelato con coloranti, cingeva la corona imperiale per abitudine e pettinava in avanti i capelli (moda ripresa del tutto di recente), tanto per citare qualche esempio.

Tra le diverse patologie che possono colpire i capelli e/o il cuoio capelluto un posto di rilievo va sicuramente attribuito alle alopecie, patologie caratterizzate dalla comparsa di aree prive della componente pilifera sul capillizio e/o su qualsiasi regione del corpo (ciglia, sopracciglia, barba, ascelle, pube, troco, arti). Il nome alopecia deriva dal greco alopex = volpe, a ricordare come questo animale in primavera cambi il pelo perdendolo appunto in chiazze. Una prima distinzione nel campo delle alopecia va fatta tra forme cicatriziali (da tumori, ustioni, lupus erythematosus, sclerodermia, pseudo area di Broq, ecc.) in cui la perdita è definitiva, e quelle non cicatriziali (alopecia areata, alopecia androgenetica, alopecia da farmaci, alopecia postraumatica, ecc) nelle quali la ricrescita è possibile e /o probabile.

Tra le forme non cicatriziali un posto di rilievo è sicuramente occupato dall’Alopecia Areata (in passato detta anche Area Celsi). Benché più frequente nella quarta decade di vita, l’alopecia areata può insorgere in maniera anche repentina in qualsiasi età (anche in bambini piccolissimi), non è contagiosa, colpisce indifferentemente entrambi i sessi, può risolversi spontaneamente, può dare luogo a recidive ed a volte presenta una certa familiarità. È caratterizzata dalla comparsa più o meno repentina di aree ben delimitate di cute glabra nel cui contesto sono riconoscibili i follicoli piliferi privi di pelo, di forma rotondeggiante o ovalare che però possono assumere un aspetto figurato per la confluenza di più chiazze, inserite nel contesto di una capigliatura nel complesso ben conservata. I capelli alla periferia delle chiazze si presentano assottigliati verso la base assumendo un aspetto a punto esclamativo. Soggettivamente asintomatiche, le chiazze si localizzano prevalentemente al cuoio capelluto ma possono comparire in qualsiasi distretto cutaneo fornito di peli, sono più spesso singole (alopecia monoloculare), a volte multiple (alopecia multiloculare), possono interessare tutta l’area del cuoio capelluto (alopecia totale) o estendersi a tutta la componente pilifera (alopecia universale). Una forma particolare è rappresentata dall’Alopecia areata ofiasica. Questa si localizza alla periferia del cuoio capelluto (regione temporale e/o attaccatura posteriore da orecchio ad orecchio) e ha spesso una prognosi sfavorevole circa la possibilità di ricrescita.

Benché conosciuta sin dall’antichità, il meccanismo eziopatogenetico non è ancora del tutto ben conosciuto. In molti casi c’è sicuramente una predisposizione genetica, dimostrata anche da recenti studi, in altri è evidente un meccanismo autoimmunitario. Il ruolo di patologie associate di frequente riscontro quali disturbi ormonali, problemi quali la carenza di ferro, tiroiditi autoimmuni, periodo post partum (ma in tal caso è più frequente l’effluvium, cioè il diradamento diffuso), ecc. non è del tutto chiaro.

In diversi casi il ruolo scatenante è rappresentato da uno stress emotivo quale il classico caso del primogenito alla nascita del fratellino (timore di perdere le attenzioni parentali), l’ansia da prestazione in età scolare, la fine di una relazione (autocolpevolizzazione e quindi autopunizione) e così via. Indagini di tipo psicologico hanno evidenziato come con una certa frequenza l’alopecico abbia la tendenza ad introiettare le proprie pulsioni aggressive temendole come distruttive, hanno cioè difficoltà ad esprimere verbalmente le loro emozioni per cui le somatizzano.

L’alopecia areata va posta in diagnosi differenziale con manifestazioni alopeciche di ben altra natura quali la tinea capitis, la tricotillomania (lo strappamento volontario in chiazze dei peli è la chiara espressione di uno stato di stress psicologico), l’alopecia della sifilide secondaria (chiazze lenticolari prevalentemente nelle regioni parieto-occipitali) , l’alopecia della coda del sopracciglio propria della lebbra, ecc. Da notare come un fenomeno simile, in situazione di stress, si verifichi anche nei cani e nei gatti attraverso il leccamento localizzato e persistente sino a creare un’area alopecica.
È dunque bene evitare il fai-da-te, meglio rivolgersi ad uno specialista che non banalizzi il problema, ma pratichi una accurata osservazione clinica che definisca con precisione il tipo di alopecia in atto, proceda ad una approfondita anamnesi che indaghi lo stato psicofisico del soggetto in esame e prescriva un panel di indagini bioumorali e strumentali adeguato al caso in esame, non trascurando l’eventuale indagine psicosomatica.

A tal proposito non va dimenticato che questa patologia, pur nella sua non gravità, può incidere profondamente sullo stato psicologico. L’eventuale depressione, in tal caso, non sarà la causa ma l’effetto della patologia.

Premesso che, come abbiamo già detto, l’alopecia areata è spesso autorisolutiva, in caso di necessità si potrà ricorrere all’uso di cortisonici per via locale e/o generale, shampoo e lozioni adeguate, eventuali integratori alimentari, il tutto guidato dai risultati degli esami praticati. L’insuccesso è pressoché garantito se si trascurerà di intervenire sulle eventuali patologie associate (o causali?), ivi compreso lo stato psicologico del soggetto (e, ove necessario, del nucleo familiare).

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Specialista in Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse ed in Allergologia e Immunologia Clinica Primario Dermatologo dell’Osp. Casa Sollievo della Sofferenza- Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico di San Giovanni Rotondo (FG) dal 1/10/1980 al 31/05/2006. Docente a Contratto presso le scuole di Specializzazione in Dermatologia delle Università: Cattolica del Sacro Cuore di Roma, G.D’Annunzio di Chieti , A.Moro di Bari dal 1984 al 2006 Presidente Emerito dell’Associazione Dermatologi Ospedalieri Italiani (ADOI) Autore di oltre 300 tra pubblicazioni ed abstract di relazioni tenute in numerosi congressi nazionali ed internazionali della specialità, coautore di 6 ed editor di 4 volumi di dermatologia. Socio di numerose società scientifiche italiane ed internazionali tra cui American Academy of Dermatology, European Academy of Dermatology, SIDEMaST, ADOI, ecc.