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Tira aria di fuga dagli ospedali pubblici pugliesi, con 3 medici su 4 pronti a lasciare. E non certo per disaffezione alla professione in sé, ma per l’insofferenza causata da una gestione, soprattutto burocratica, ritenuta fonte di stress ormai insostenibile dopo due anni di pandemia.

Stando agli umori raccolti da un sondaggio Cimo-Fesmed, solo il 25% dei medici ospedalieri pugliesi, potendo scegliere, continuerebbe a lavorare in un ospedale pubblico. Il 18% sogna la pensione, il 19% fuggirebbe all’estero, il 20% vorrebbe dedicarsi alla libera professione ed il 18% preferirebbe lavorare in una struttura privata. Addirittura, il 25,6% appenderebbe il camice bianco al chiodo e sceglierebbe un’altra professione. È quanto emerge dal sondaggio condotto dalla Federazione CIMO-FESMED, il sindacato più rappresentativo della categoria nella Regione, cui hanno risposto 307 medici.

Un malcontento che ha radici lontane, reso ancora più profondo da due anni di emergenza Covid-19. Analizzando i risultati dell’indagine, emergono con forza infatti le cause di tale insoddisfazione: il 67% dei medici pugliesi è costretto agli straordinari, e di questi il 17% lavora più di 48 ore a settimana, violando la normativa europea sull’orario di lavoro. Ore impiegate, perlopiù, compilando atti amministrativi: il 73% ritiene infatti eccessivo il tempo da dedicare alla burocrazia. Impossibile per molti, infine, andare in ferie: il 63% dei medici pugliesi che hanno risposto al sondaggio ha infatti accumulato più di 50 giorni di ferie. Non c’è da sorprendersi, allora, se il 18% ritiene “pessima” la qualità della propria vita.

A complicare le cose, poi, sono stati senza dubbio due anni di emergenza causati dal Covid-19, che hanno aumentato lo stress psicofisico (ritenuto elevato dal 73% dei medici) e la percezione del rischio professionale (alto per il 67% degli aderenti) e della sicurezza della propria famiglia (62%). Contemporaneamente, peggiorano in modo drammatico le aspettative che i medici pugliesi hanno per il proprio futuro: solo il 24% spera nel miglioramento della professione, il 10% nello sviluppo della propria carriera e, addirittura, il 3% in un aumento di stipendio.

«L’insofferenza dei colleghi è palpabile negli ospedali – commenta il segretario di CIMO Puglia Arturo Oliva -, ed il rischio che molti decidano di rinunciare alla dipendenza del Servizio Sanitario Nazionale è sotto gli occhi di tutti, come dimostrano questi dati. Forse non delle Istituzioni, che continuano a rimanere sorde ai nostri gridi di allarme. Dopo due anni di emergenza sanitaria, i medici meritano delle risposte concrete ed un chiaro segnale di riconoscimento. In ballo – conclude Oliva – non ci sono solo la soddisfazione e l’entusiasmo di una categoria essenziale per la comunità, ma il futuro stesso della nostra sanità pubblica».