Due milioni e centomila euro. È questa la cifra spesa dallo Stato nel corso del 2016 per risarcire i cittadini ingiustamente detenuti in carcere o ai domiciliari nel distretto della Corte d’Appello di Bari. Il dato è contenuto nelle tabelle stilate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che pongono Bari al quarto posto in Italia con 73 casi di risarcimenti erogati nell’anno solare da poco conclusosi.

A stabilire se un cittadino prima detenuto e poi assolto definitivamente abbia diritto a un indennizzo sono i giudici della Corte d’Appello, seguendo iter spesso lunghi e complicati. Al MEF spetta invece l’erogazione della somma di denaro, che può avvenire anche a due anni dalla decisione dei giudici.

Filippo Pappalardi, ad esempio, è ancora in attesa di ricevere 65mila euro, indennizzo confermato dalla Cassazione dopo la sua iniziale richiesta di 516mila euro. L’autotrasportatore di Gravina era stato detenuto per tre mesi, i primi due in carcere, con l’accusa di aver ucciso i suoi figli Ciccio e Tore, scomparsi e poi ritrovati senza vita nel 2008.

In diverse occasioni le decisioni dei giudici chiudono vicende giudiziarie complesse, come nel caso dell’omicidio di Luigi Fanelli, militare di leva scomparso nel 1997. Per il delitto furono processati e assolti definitivamente Paolo Masciopinto e Francesco Sciacqua. Il primo è poi diventato collaboratore di giustizia e ha confessato l’omicidio; il secondo, incensurato, è stato detenuto per quattro anni e mezzo e riceverà un indennizzo pari a 300mila euro.

Pretendeva 500mila euro, invece, Giuseppe Valentini, pluripregiudicato di Bitonto accusato di essere un boss e un narcotrafficante, Cadute le accuse, Valentini ha richiesto tale somma in merito ai due anni di ingiusta detenzione trascorsi prima in carcere e poi ai domiciliari. La Corte d’Appelli ha stabilito un indennizzo di 75mila euro, la difesa di Valentini ha presentato ricorso in Cassazione.

Sono diverse le valutazioni che incidono sulle decisioni della Corte d’Appello. L’ingiusta detenzione può causare infatti non soltanto danni di immagine, ma anche professionali. Di tutti questi parametri si tiene ovviamente conto nel calcolo della somma. L’operaio arrestato nel 2006 con l’accusa di aver portato l’arma poi utilizzata per l’omicidio del boss Amleto Mercante al quartiere San Paolo, per esempio, è stato assolto e ha ottenuto un risarcimento di 25mila euro.