Una delegazione di rappresentanti delle associazioni di volontariato per il trasporto dei dializzati ha incontrato questa mattina il capo dipartimentale dei reparti di nefrologia dell’Asl Taranto, Cosimo Lodeserto, per tentatre di trovare una soluzione ai problemi nati con la nuova denominazione data dall’azienda sanitaria per indicare i pazienti che necessitano del servizio. L’incontro si è risolto con un nulla di fatto. L’azienda rimane sulle sue posizioni e non cede di un millimetro.

Facciamo un passo indietro. Per legge, la Asl deve garantire un servizio di trasporto per i pazienti dializzati dalla loro casa verso le strutture mediche opportune, ferma restando la possibilità di ciascun paziente di raggiungere l’ospedale col mezzo che preferisce, anche proprio. Il servizio è affidato alle associazioni di volontariato per i pazienti non autosufficienti, che necessitano di un’assistenza medica specifica, e a una ditta scelta dall’Asl dietro appalto per i pazienti autosufficienti. Da alcune settimane la Asl ha cambiato la denominazione dei pazienti dializzati, distinguendoli non più in autosufficienti e non autosufficienti, bensì in allettati e non allettati.

Di qui il problema: un paziente non autosufficiente non è necessariamente un paziente allettato. Nella provincia di Taranto, i pazienti dializzati non autosufficienti sono decine, di questi, quelli effettivamente allettati non saranno più di sette. Accade quindi che i malati che necessitano di un’ambulanza, ora con la nuova denominazione vengono trasportati in un pulmino che fa il giro delle case dei pazienti per caricarli tutti, prima di raggiungere l’ospedale. Con questo sistema è già accaduto che un paziente non autosufficiente, ma non allettato, si sia sentito male a bordo del pulmino, finendo al pronto soccorso, perché sul mezzo non era possibile dargli l’assistenza opportuna che solo un’ambulanza poteva fornirgli.

Ora, posto che le denominazioni di “autosufficiente” e “non autosufficiente” sono state fissate da specifiche commissioni mediche in sedi legislative, e quindi l’Asl non può modificare arbitrariamente tali categorie; appurato poi che, per ogni  paziente trasportato, tanto le associazioni quanto la ditta vincitrice dell’appalto Asl percepiscono un rimborso, può sorgere il dubbio che la nuova disposizione per il trasporto non sia che un mezzo per fare cassa.